28.01.2025
La decisione degli Stati Uniti di uscire dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha scosso profondamente la comunità internazionale, lasciando perplessi e preoccupati medici ed esperti di sanità pubblica di tutto il mondo. Sebbene questa mossa fosse attesa, le motivazioni fornite appaiono fragili e per molti aspetti pretestuose.
Le accuse di sudditanza dell’Oms verso la Cina ignorano il ruolo centrale e influente che gli Stati Uniti hanno sempre giocato sia a livello tecnico che politico all’interno dell’organizzazione. Inoltre, i progressi dell’Oms in tema di trasparenza, efficienza e uso delle risorse sono stati supervisionati dagli stessi paesi membri, inclusi gli Usa, che hanno contribuito in modo attivo e propositivo.
Gli Stati Uniti rappresentano uno dei principali finanziatori dell’Oms, con un contributo annuale pari a circa il 15% del budget totale (500 milioni di dollari su un totale di 3,4 miliardi). Una quota significativa di questi fondi è destinata a progetti specifici nei Paesi in via di sviluppo, come programmi per la salute materno-infantile o la sorveglianza delle malattie infettive. L’improvvisa interruzione di questi finanziamenti avrà inevitabilmente un impatto devastante sui programmi già in corso e sui meccanismi di controllo internazionale a tutela della salute globale.
Un mondo senza l’OMS?
La decisione degli Usa in realtà, se seguita da altri Paesi, prefigurerebbe un mondo senza Oms e forse senza altri organismi internazionali multilaterali. Un paradosso: di fronte a sfide sanitarie globali che nessun Paese può risolvere da solo si vuole mettere a repentaglio la vita e l’effettiva operatività di un’organizzazione che non è soltanto un’agenzia tecnica, ma un fulcro di collaborazione e ricerca internazionale per affrontare i problemi in modo coordinato e basato su solide evidenze scientifiche.
Nell’ambito ambientale, per esempio, l’Oms ha giocato un ruolo fondamentale nell’interpretazione dei dati scientifici e nella definizione di standard e linee guida che hanno profondamente influenzato le decisioni e le politiche in tutto il mondo.
Ogni anno 4,2 milioni di persone muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico. Le linee guida sulla qualità dell’aria, sviluppate grazie al contributo dei massimi esperti mondiali, non solo hanno consentito di quantificare il numero di malattie e decessi attribuibili all’inquinamento atmosferico, ma hanno anche fornito un riferimento fondamentale per orientare le politiche ambientali e sanitarie dei governi e ridurre l’impatto sulla salute. Senza questo punto di riferimento, ogni Paese potrebbe adottare criteri arbitrari, privando i cittadini di standard minimi di protezione.
L’Oms è anche responsabile della classificazione delle sostanze chimiche cancerogene. Pensiamo al benzene, al fumo di sigaretta o all’amianto: decisioni basate su prove scientifiche solide hanno spinto i governi a introdurre legislazioni per la protezione della salute pubblica. In assenza di questa autorità globale, le decisioni potrebbero essere influenzate da interessi commerciali o pressioni politiche, a scapito della sicurezza delle persone.
Il cambiamento climatico rappresenta un’altra area in cui l’Oms ha avuto un ruolo cruciale. È grazie ai suoi rapporti e analisi che la connessione tra salute e crisi climatica è diventata una priorità globale sottolineando il potenziale preventivo in ambito sanitario di efficaci politiche di adattamento e mitigazione. Senza l’Oms, molti Paesi – soprattutto quelli con risorse limitate – non avrebbero accesso alle conoscenze e agli strumenti necessari per affrontare le crescenti minacce legate ai disastri naturali, alle ondate di calore e alla diffusione di malattie infettive.
Un altro esempio concreto riguarda l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, diritti essenziali negati a miliardi di persone: 2,2 miliardi, ad esempio, non hanno accesso ad acqua potabile sicura. Il monitoraggio globale condotto dall’Oms ha evidenziato disparità critiche e ha mobilitato risorse per migliorare le condizioni di vita nei Paesi più poveri. Senza un’agenzia globale, molte di queste situazioni rimarrebbero ignorate o non affrontate in modo efficace.
Infine, l’Oms ha giocato un ruolo fondamentale nella gestione delle emergenze sanitarie internazionali. Le epidemie di Ebola, Zika e Covid-19 hanno dimostrato che solo una risposta coordinata e basata sulla scienza può contenere la diffusione delle malattie e salvare vite umane. Senza l’Oms, la frammentazione degli sforzi rischierebbe di rendere ogni pandemia ancora più devastante: 7,4 milioni di morti sono state prevenute dalla vaccinazione contro il Covid-19 nei Paesi a basso reddito grazie al programma Covax dell’Oms.
In questo quadro è evidente che solo un’agenzia multilaterale, libera da interessi nazionali e commerciali, può garantire l’indipendenza e l’affidabilità necessarie per elaborare linee guida e raccomandazioni credibili. Affidarsi esclusivamente a istituti di ricerca di singoli Paesi comprometterebbe la neutralità e l’efficacia delle politiche globali per la salute.
Un’opportunità di riflessione
Paradossalmente, la decisione del neopresidente Usa di ritirarsi dall’Oms potrebbe rappresentare un’occasione per riformare ulteriormente l’organizzazione, migliorandone l’efficienza e rafforzandone il ruolo agli occhi dei cittadini. Sarebbe invece un grave errore se altri Paesi si unissero agli Usa e interpretassero questa situazione come un’opportunità per indebolire o smantellare l’Oms, ignorando il contribuito storico ai progressi straordinari nel campo della salute pubblica che si sono osservati negli ultimi 70 anni. È necessario uno sforzo di chiarezza, determinazione e coraggio per trasformare questa crisi in un momento di rinnovamento e assicurare che l’Oms resti un pilastro nella promozione della salute globale.
Roberto Bertollini, ex direttore scientifico Oms Europa