02.08.2024
Occhi vispi, voce squillante e un sorriso amorevole, Norma Bargetzi-Horisberger è una delle meravigliose donne svizzere che fanno parte dell’Associazione “Anziane per il clima”.
Ritenendo che lo Stato in cui vivono, la Svizzera, non stesse facendo abbastanza per il futuro dei giovani e del Pianeta, le “Anziane per il clima” si sono rivolte alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dando vita a un caso di cronaca di importanza mondiale. È il 29 marzo 2023 e, per la prima volta nella storia, la Corte EDU tiene un’udienza pubblica per valutare in che misura una nazione come la Svizzera debba ridurre le proprie emissioni di gas serra in modo più rigoroso per proteggere i diritti umani della propria popolazione.
Ad azionare l’iter processuale sono le “Anziane per il clima” chiedendo che la Svizzera adottasse misure a tutela dei diritti umani, e provvedimenti legislativi e amministrativi necessari per contribuire a scongiurare un aumento della temperatura media globale di oltre 1,5°C, applicando obiettivi concreti di riduzione delle emissioni di gas serra.
Il 9 aprile 2024, è il giorno della svolta. Pronunciando una sentenza storica, la Corte di Strasburgo si è espressa a favore del gruppo di donne, riconoscendo il diritto alla protezione del clima come un diritto umano. Un giorno di riscatto, di gioia e condivisione a cui Norma Bargetzi-Horisberger, referente dell’associazione per la svizzera italiana, non poteva mancare.
Norma, come è nata l’associazione “Anziane per il clima”?
È nata nel 2016, con il supporto di Greenpeace, ancora oggi sempre molto importante. L’assemblea costitutiva si è tenuta a Zurigo. Il caso Urgenda, associazione che ha citato in giudizio il governo dei Paesi Bassi, è stato per le “Anziane per il clima” un modello d’esempio. La Corte d’appello dell’Aia ha ordinato al governo dei Paesi Bassi di adottare le misure necessarie per raggiungere la soglia di riduzione del 25%, rispetto ai livelli del 1990, entro la fine del 2020. Le fondatrici di “Anziane per il clima” avevano compreso che la via da percorrere era quella giuridica, poiché quella politica si prospettava troppo lenta.
Scelta la via giuridica, quali sono stati i passi successivi?
Si è visto che per poter citare uno Stato in tribunale bisognava essere un gruppo di persone vulnerabili. Documentandoci, abbiamo scoperto che nella calda estate del 2023 si erano registrati morti decessi. In particolare, erano le donne anziane ad essere maggiormente colpite. Così con il sostegno di Greenpeace si sono messe insieme 150 socie, tutte donne in età di pensionamento. Si è partiti inoltrando causa al dipartimento federale compentente, poi al tribunale amministrativo e a quello federale, ricevendo sempre risposte non convincenti: non volevano occuparsi della questione. Quindi ci siamo rivolte alla Corte EDU.
Quante donne attiviste accoglie l’associazione?
Abbiamo più di 2500 socie, donne domiciliate in Svizzera in età di pensionamento. Abbiamo 1500 sostenitori e sostenitrici.
Ci sono degli episodi di attivismo sul campo che l’hanno colpita particolarmente?
Collaboriamo con tante realtà svizzere. Abbiamo partecipato, insieme ad altre associazioni, alla messinscena dalle cerimonie funebre per ghiacciai morenti. Un evento molto coinvolgente in cui si fanno interventi, ci si ascolta, si cammina fino al punto del rito: all’interno di un cerchio ognuno può lasciare un proprio pensiero. Penso al ghiacciaio Basodino in alta valle Magia, penso che da bambina mi sembrava così imponente, e ora invece sta scomparendo. Il mio nipotino di tre anni non lo vedrà mai così. In generale ogni occasione di attivismo è speciale. Siamo state sessantottine, abbiamo protestato per le centrali nucleari. La mia generazione ha fatto molti errori, è vero, ma non tutti abbiamo appoggiato le politiche di quel tempo. Abbiamo un grande amore per la vita, per i nostri nipoti e per tutti i giovani: è per loro che combattiamo.