21.02.2024
Il telescopio a raggi X “eRosita” riesce a disegnare, in soli 6 mesi, una mappa del cosmo mai realizzata prima. Al progetto hanno partecipato diversi ricercatori del nostro INAF – Istituto nazionale di astrofisica. Tutto era partito da una collaborazione russo-tedesca, poi interrotta per la guerra.
Qualche buontempone l’ha presa con ironia e con sarcasmo e ha pronunciato la sua sentenza: «Nuotiamo in un brodo di buchi neri». In effetti, la scoperta non è di poco conto perché il primo risultato ottenuto è strabiliante: 710mila buchi neri supermassicci, 180mila stelle della Via Lattea, 12mila ammassi di galassie, resti di supernove, pulsar, un misterioso “ponte” di gas interstellare che collega galassie lontanissime tra loro e altri particolari oggetti celesti mai catalogati prima. Ma il record è soprattutto un altro: in soli sei mesi è stato possibile disegnare una mappa del cosmo mai delineata in sessant’anni di ricerche.
Protagonista dell’impresa il telescopio a raggi X eRosita, uno strumento messo in orbita nel 2019 e realizzato dal Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics (MPE) in Germania, un progetto che parla anche italiano in quanto partecipano diversi ricercatori dell’INAF (Istituto nazionale di astrofisica). La particolare piantina appena realizzata rappresenta un vero e proprio traguardo storico in una branca dell’astronomia del tutto particolare, quella a raggi X appunto. «L’ampiezza e l’impatto scientifico dell’indagine sono davvero travolgenti – ha commentato Mara Salvato, inserita da Forbes tra le 100 donne di successo del 2023, portavoce del consorzio tedesco e coordinatrice di circa 250 scienziati organizzati in 12 gruppi di lavoro – I documenti pubblicati dal nostro team parlano da soli e sono già stati messi a disposizione della comunità scientifica».
In origine il progetto era partito da una collaborazione russo-tedesca, ma dopo il conflitto in Ucraina la situazione si è compromessa e, nel 2022, c’è stato lo stop alla sinergia. In ogni caso, lo studio effettuato nel periodo dicembre 2019-giugno 2020 ha consentito al partner europeo di catalogare una gran massa di sorgenti cosmiche a raggi X, soprattutto buchi neri, circa l’80 per cento del totale.
«Diciamolo chiaramente, si tratta di numeri da capogiro per questa particolare branca dell’astronomia – ha commentato Andrea Merloni, ricercatore principale di eRosita e primo autore dell’articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Astronomy & Astrophysics – L’apporto italiano non è indifferente visto che insieme al sottoscritto il paper è stato firmato, tra gli altri, da Gabriele Ponti dell’INAF di Brera e dagli associati Marcella Brusa, Blessing Musiimenta e Thomas Pasini».
Un fondamentale contributo alla nascita di questo particolare settore dell’astronomia, ancora una volta, parla italiano. Tra i primi ad occuparsene fu un allievo di Enrico Fermi, Bruno Rossi che, nel 1962, grazie ad un razzo sonda equipaggiato con strumenti atti a rivelare radiazioni ad alta energia, riuscì a individuare in un sistema di stelle binario (nella costellazione dello Scorpione, ndr) la prima sorgente cosmica a raggi X oltre al Sole. Ma da dove provengono e da chi sono generate queste peculiarità dell’Universo? Perlopiù da ammassi di galassie, resti di esplosioni di supernova e buchi neri attivi in un momento del tutto particolare: mentre divorano stelle.
Credito fotografico: Inaf