15 Maggio 2025
/ 13.05.2025

Pendolari, opportunisti, socievoli: le strategie dei volatili in città

Ecco chi vince e chi perde, quali sono le migliori tecniche di sopravvivenza dei volatili in città

Che fine fanno gli uccelli quando la città avanza? Cemento, traffico, rumore e luci artificiali non sono certo il paradiso per le specie selvatiche. Eppure, alcune di loro sembrano cavarsela alla grande. A rivelarlo è uno studio appena pubblicato su Scientific Reports, frutto di una rete di ricercatori italiani e internazionali coordinati da Riccardo Alba dell’Università di Torino e del Bird Lab Torino. La domanda di partenza era semplice ma cruciale: come cambia la composizione delle comunità di volatili man mano che ci si sposta dal cuore delle città alle aree rurali? La risposta, sorprendente, è: dipende. Dalla stagione, dallo stile di vita e dal carattere degli uccelli.

Le sfide urbane

Lo studio ha osservato i volatili in sei città italiane – Torino, Milano, Firenze, Roma, Napoli e Campobasso – considerando due momenti chiave dell’anno: la stagione riproduttiva e l’inverno. E ha scoperto che, proprio come gli esseri umani, anche gli uccelli affrontano le sfide urbane con approcci molto diversi. Alcune specie sono dei veri “vincenti”: prosperano tra i palazzi grazie a una dieta flessibile, una vita lunga e strategie riproduttive efficienti. Sono spesso sociali, nidificano in colonie, fanno più covate all’anno. In inverno, la situazione cambia: vincono i solitari, i generalisti, quelli che sanno arrangiarsi con poco.

Al contrario, le specie più sensibili – le “perdenti” – sono spesso migratrici, insettivore, nidificano al suolo: un mix micidiale quando si ha a che fare con habitat frammentati, traffico e predatori domestici come i gatti. Per loro, la città è una trappola ecologica.

Gli urban adapters

In mezzo, c’è un’ampia categoria intermedia: gli urban adapters, uccelli che non amano troppo la città, ma neanche la evitano del tutto. Anzi, riescono a sfruttare le aree verdi periferiche, i giardini pubblici, i viali alberati. Alcuni di loro si comportano come pendolari: frequentano i quartieri urbani in inverno, quando la campagna è meno ospitale, e si spostano altrove in primavera, per nidificare con più tranquillità.

Questa flessibilità dimostra quanto siano complesse le dinamiche ecologiche urbane. E sottolinea un punto chiave: non si può parlare di biodiversità in città senza considerare le stagioni. Una città che d’inverno sembra brulicare di uccelli può rivelarsi deserta nei mesi primaverili, e viceversa.

Torino, città per pennuti felici

Tra le città analizzate, Torino emerge come esempio virtuoso. Merito di un’estesa rete di parchi urbani – Colletta, Meisino, Valentino, Pellerina – che offrono habitat ricchi anche a specie forestali esigenti. In questi spazi verdi si possono osservare uccelli rari per un contesto metropolitano, come il picchio rosso minore, il picchio nero o la colombella. Ma anche specie più comuni, come la cincia bigia e il rampichino comune, trovano qui un rifugio ideale.

Un ruolo decisivo lo giocano anche la collina torinese, con il Parco Naturale della Collina di Superga, e il fiume Po, che con le sue fasce alberate funziona da corridoio ecologico, facilitando il passaggio tra aree urbane e ambienti naturali. In sintesi: più verde connesso, più biodiversità.

Città più verdi per cittadini più felici

Le città dunque non sono necessariamente condannate a perdere biodiversità. Con una pianificazione attenta – che includa corridoi verdi, alberature, zone di quiete e habitat diversificati – anche gli ambienti urbani possono diventare alleati della conservazione. E non è solo una questione di uccelli. La presenza di una fauna ricca e visibile migliora il benessere di chi abita la città, crea legami emotivi con la natura e rende gli spazi urbani più vivibili.

CONDIVIDI

Continua a leggere