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Sonno e brutti ricordi, correlazione nociva

25.01.2025

Il cinema ha affrontato il problema nel delizioso Premio Oscar “Eternal Sunshine of the Spotless Mind”, riadattato in italiano nel criticatissimo “Se mi lasci ti cancello”. Un meccanismo scientifico sfrutta l’associazione tra stimoli sensoriali ed esperienze; l’obiettivo è sfumare l’effetto nocivo dei cattivi ricordi nella nostra mente.

incubo. Capita quando i brutti ricordi ci tormentano proprio nelle ore che vorremmo dedicare al riposo, dando potenzialmente vita anche a patologie come il disturbo da stress post traumatico o il disturbo ossessivo compulsivo. Il cinema ha affrontato il problema nel delizioso film, Premio Oscar nel 2005, «Eternal Sunshine of the Spotless Mind» (riadattato in italiano nella criticatissima formula «Se mi lasci ti cancello»). Anche nel mondo reale, però, la scienza ha dedicato decenni alla ricerca di un rimedio che nel frattempo sembra arrivato.

Il merito è di un gruppo di ricercatori dell’Università di Hong Kong che, a differenza di quanto visto a Hollywood, non puntano a rimuovere i ricordi dal nostro cervello, ma a stimolare quest’ultimo a rielaborarli. Potrebbe infatti essere possibile sfruttare l’associazione tra parole e ricordi per permettere alla nostra mente di fare pace con essi.
L’obiettivo è intervenire sul consolidamento della memoria: la fase in cui il cervello trasforma le esperienze appena vissute in ricordi a lungo termine. Il funzionamento di questo processo è ancora in buona parte misterioso per la scienza stessa, ma la ricerca ha stabilito che è anche possibile «barare». Avviene associando in maniera deliberata uno stimolo sensoriale a una specifica esperienza, per poi farli sperimentare insieme al soggetto durante il sonno non REM. Ossia quando il cervello rielabora le esperienze facendole diventare ricordi.
In altre parole: la nostra mente è portata ad associare un’esperienza che abbiamo vissuto a un preciso suono, o un particolare odore. Se mentre dormiamo li riviviamo insieme, il cervello è più portato a imprimere definitivamente quel ricordo nella memoria. La vera svolta dei ricercatori di Hong Kong, che hanno anche pubblicato il loro lavoro sui «Proceedings of the National Academy of Sciences», starebbe nel fatto che è anche possibile fare il contrario: associare a un ricordo negativo una memoria positiva, cercando così di limitare i danni del primo sulla nostra psiche.

A quel punto si sfrutterebbe il meccanismo della “targeted memory reactivation”, un consolidamento della memoria in cui la scienza funge da vero e proprio “navigatore” dei nostri pensieri. Nell’esperimento, alla mente di un gruppo di volontari si sono associate durante il sonno parole senza senso: prima a immagini negative (situazioni di pericolo o dolore) e poi ad altre positive (paesaggi da sogno o persone amorevoli). Quelle stesse parole, al termine del processo, generavano un positivo picco di onde theta nelle onde cerebrali. Ma, soprattutto, il ricordo delle iniziali immagini negative era molto più sfumato.
Il chiaro obiettivo è sfruttare questa scoperta per aiutare le persone che hanno subito traumi, violenze, lutti o incidenti a rielaborarli durante il sonno, per trovare finalmente il modo di riposarsi per davvero. Tanto più che i risvolti psicologici e a volte psichiatrici di questo problema sono tanto frequenti quanto maledettamente dolorosi.

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