01.01.2025
I nostri giovani passano 2,3 ore al giorno a fare i compiti; una media considerata la più alta in Europa. Il 51% dei dirigenti ritiene che molti insegnanti diano per scontato il supporto dei genitori. Ma Censis segnala che trascorrere troppo tempo sui libri non significa migliore rendimento. Panoramica sul paradosso.
Compiti sì, compiti no? È la domanda, questa, che in periodo di vacanze – estive o natalizie che siano – accende il dibattito tra studenti, genitori e insegnanti. Ed è un dibattito divisivo: da una parte gli studenti, che di compiti non ne vorrebbero; dall’altra i genitori, che da tempo chiedono quantomeno che ne siano assegnati un po’ meno. E poi gli insegnanti, divisi al loro interno: chi pensa che i compiti siano fondamentali per non perdere le conoscenze e chi, almeno nei periodi più brevi, preferisce che i propri alunni e alunne si godano momenti di relax e con la famiglia. In questo scenario, una cosa è certa: le scuole italiane sono quelle che assegnano più compiti in Europa. A dirlo sono gli ultimi dati Censis, secondo cui i quindicenni italiani sono tra gli studenti europei che dedicano più tempo ai compiti a casa, con una media di 2,3 ore al giorno. Ma non solo, perché nel nostro Paese anche il tempo di frequenza scolastica è tra i più elevati: oltre 27 ore alla settimana. Più di noi, solo i tedeschi, con 28 ore di frequenza, ma solo poco più di un’ora al giorno dedicata ai compiti.
Il paradosso? Il maggior tempo dedicato alle attività didattiche a casa non corrisponde necessariamente a risultati migliori. Il quadro complesso che emerge dal rapporto del Censis, infatti, evidenzia luci e ombre: se da una parte, infatti, il 63,7% dei dirigenti scolastici sottolinei l’importanza dei compiti a casa, utili per consolidare l’apprendimento, dall’altra rimangono forti criticità. Per esempio, più della metà dei presidi (52,5%) ha notato che spesso i docenti, al rientro sui banchi, verificano soltanto lo svolgimento dei compiti assegnati, senza però affrontare la correzione, mentre l’oltre 58% denuncia l’assenza di linee guida comuni all’interno dello stesso istituto. Ancora, il 51% dei dirigenti ritiene che molti insegnanti diano per scontato il supporto dei genitori, anche se il 43% segnala un’eccessiva difficoltà nelle attività assegnate, che possono risultare troppo complesse senza un aiuto esterno.
Ed ecco allora i compiti per gli insegnanti: secondo quasi la totalità dei presidi intervistati (ben 98,3%) sarebbe fondamentale che i docenti stessi dedichino del tempo ai propri alunni per fornire supporto nel metodo di svolgimento dei compiti, e per il 95,1% è necessario che i docenti si coordinino tra loro. Insomma, gli studenti e le studentesse oberati di compiti non sono necessariamente poi i più bravi. E a confermare questo scenario ci sono diversi dati Ocse, che da anni segnalano gravi carenze di conoscenze di base tra gli alunni italiani. E forse varrebbe la pena iniziare a investire più sulla qualità che sulla quantità.