Il mare italiano è sempre più stretto nella morsa del cemento e dell’illegalità. A testimoniarlo sono i numeri pubblicati in anteprima da Legambiente, in vista dell’avvio – il 23 giugno – delle campagne Goletta Verde e Goletta dei Laghi 2025. Il report “Mare Monstrum” fotografa una situazione allarmante: nel 2024 sono stati rilevati ben 10.332 reati ambientali nelle regioni costiere, con una media di 28 reati al giorno, ossia più di uno ogni ora. Un assalto quotidiano al nostro patrimonio naturale che assume i contorni di un’aggressione sistematica.
A fronte di un incremento del 6% nei controlli da parte di forze dell’ordine e Capitanerie di porto (oltre 534.000), il numero di reati è cresciuto dello 0,7%. Cala il numero di denunce (-5,7%), arresti (-42,9%) e sequestri (-35,5%), ma aumentano a dismisura gli illeciti amministrativi, con 27.960 infrazioni, in crescita dell’85,6% rispetto al 2023. Le sanzioni superano i 53 milioni di euro, con un aumento del 46,2%. Il dato più preoccupante? Il totale di reati e illeciti supera quota 38.000, un balzo notevole rispetto ai 25.319 dell’anno precedente.
Campania e Napoli, record amari
Ancora una volta, la Campania guida la classifica del degrado costiero con 1.840 reati accertati (quasi il 18% del totale nazionale), seguita da Puglia (1.219), Sicilia (1.180), Toscana (946) e Calabria (869). La concentrazione dei reati nelle quattro regioni a storica presenza mafiosa sfiora la metà del totale, con 5.108 infrazioni e 5.377 denunce. Tra le province, al primo posto si colloca Salerno con 606 reati (+104,7% rispetto al 2023), che supera la provincia di Napoli, con 378 reati (-16,4%), seguita da Cosenza, Lecce, Bari e Foggia. Colpisce il dato relativo alla provincia di Chieti, settima, con 156 reati e un incremento del +167,9% rispetto al 2023.
Il quadro dipinto da Legambiente non si limita agli abusi edilizi e alle cave illegali. L’occupazione illecita del demanio marittimo, gli appalti truccati, la depurazione inefficiente e l’inquinamento da plastica completano un mosaico di emergenze croniche che minano la salute del mare e delle nostre economie turistiche.
Goletta Verde: mare e biodiversità sotto attacco
La 39esima edizione di Goletta Verde torna in acqua con un duplice obiettivo: da un lato, denunciare l’assalto all’ambiente, dall’altro promuovere soluzioni concrete come le energie rinnovabili – con un focus sull’eolico offshore – e il turismo sostenibile. Accanto a Goletta Verde, viaggerà anche la Goletta dei Laghi, giunta alla sua 20esima edizione, con tappe ed eventi da nord a sud per puntare i riflettori sull’inquinamento delle acque interne e sul ritardo degli interventi strutturali.
In quasi vent’anni, Goletta dei Laghi ha monitorato 65 bacini lacustri in 14 regioni, analizzando 2.150 punti campionati: il 63% è risultato nei limiti di legge, il 10% inquinato e il 27% fortemente inquinato. Nessun miglioramento rilevante nei dati, segno che gli impianti di depurazione restano inadeguati e spesso trascurati. Le tappe principali del 2025 toccheranno laghi alpini, prealpini e appenninici, affrontando temi come la gestione turistica, le microplastiche, l’idroelettrico e la crisi climatica.
“La morsa del mattone illegale”
A sintetizzare la portata della sfida è Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente: “Con le nostre campagne storiche vogliamo promuovere le opportunità delle rinnovabili (con un particolare focus sull’eolico offshore), del turismo sostenibile e della tutela dei preziosi ecosistemi marini e lacustri e, al tempo stesso, denunciare la morsa del mattone illegale sulle coste, il problema della dispersione dei rifiuti plastici nell’ambiente e i ritardi dell’Italia rispetto al trattamento delle acque reflue, che minaccia non solo la qualità delle acque ma spesso anche il turismo.”
La denuncia tocca anche il tema scottante delle procedure d’infrazione europee. L’Italia è attualmente sotto sanzione per i ritardi nel trattamento delle acque reflue. Il conto, già salatissimo, supera i 200 milioni di euro solo per la prima multa. E la nuova Direttiva europea, entrata in vigore nel 2024, alza ulteriormente l’asticella: obbliga a investimenti importanti, ma anche a una svolta culturale.
Le soluzioni ci sono
L’Italia non può più permettersi inerzie e ritardi. Come ricorda Zampetti, adeguare gli impianti non è solo un dovere normativo, ma “una priorità per la salute dei nostri mari, delle risorse idriche interne e della cittadinanza”. Le campagne di Legambiente infatti alla denuncia: raccontano storie virtuose, buone pratiche replicabili e modelli di gestione che già oggi dimostrano che cambiare rotta è possibile.