12 Giugno 2025
/ 10.06.2025

Terre rare e microchip: negoziati Usa-Cina al crocevia

I negoziati di oggi a Londra rappresentano un momento cruciale per la stabilità delle catene di approvvigionamento di risorse vitali per la sostenibilità e la transizione verde globale. Il loro esito influenzerà direttamente la velocità e l'efficacia con cui il mondo potrà affrontare le sfide ambientali del nostro tempo

La Lancaster House di Londra è oggi il teatro del secondo round di negoziati tra Stati Uniti e Cina, un vertice cruciale che va oltre la semplice tregua commerciale. Al centro delle discussioni non ci sono solo i dazi, ma anche il controllo di risorse strategiche vitali per la transizione energetica globale e lo sviluppo tecnologico sostenibile: le terre rare e i microchip.

La posta in gioco è altissima. Gli scambi commerciali tra le due maggiori economie mondiali sono sotto stretta osservazione dei mercati e degli analisti. Sebbene si prevedano risultati meno eclatanti rispetto all’accordo di Ginevra del mese scorso, che ha visto una significativa riduzione reciproca dei dazi per 90 giorni, le dichiarazioni inziali riflettono una complessa dinamica. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha espresso una cauta positività, affermando che “le cose stanno andando bene con la Cina. Ma la Cina non è facile”. Ha poi ribadito la volontà di “aprire alla Cina” e di non concedere favori in assenza di progressi.

Il nodo delle terre rare

Il fulcro della discussione in termini di risorse naturali è il controllo delle terre rare, un gruppo di 17 elementi chimici essenziali per la produzione di veicoli elettrici, turbine eoliche, pannelli solari e, più in generale, per le tecnologie “verdi” di cui il mondo ha disperatamente bisogno per combattere il cambiamento climatico. Come riportato da fonti autorevoli come lo United States Geological Survey (Usgs), la Cina detiene un quasi monopolio sull’estrazione di questi minerali, contribuendo a circa il 69% della produzione mondiale. La loro importanza per l’industria automobilistica americana, aerospaziale e dei semiconduttori è inestimabile.

Kevin Hassett, principale consigliere economico di Trump, ha rivelato alla Cnbc che a Ginevra si era concordato lo sblocco delle esportazioni cinesi di magneti e terre rare necessarie agli Stati Uniti. Tuttavia, la Cina, pur avendo autorizzato tali esportazioni, lo ha fatto “a un ritmo molto più lento di quello che le aziende considerano ottimale”. Questo rallentamento delle spedizioni è iniziato dopo l’escalation della guerra commerciale di Donald Trump all’inizio di aprile.

La dipendenza tecnologica: microchip e Intelligenza artificiale

L’altro “tavolo” della partita è quello dei microchip e del software ad altissima tecnologia, fondamentali per l’Intelligenza Artificiale (Ia) e lo sviluppo digitale. Questi componenti sono il motore dell’innovazione e della competitività futura, non solo nel settore It, ma anche nell’automazione industriale e nelle tecnologie smart, spesso con ricadute dirette sull’efficienza energetica e la riduzione dell’impatto ambientale.

La Cina, dal canto suo, preme affinché gli Stati Uniti riconsiderino le restrizioni all’immigrazione degli studenti, le limitazioni all’accesso alle tecnologie avanzate (in particolare i microprocessori) e facilitino l’accesso dei fornitori di tecnologia cinesi ai consumatori americani. L’obiettivo cinese è ridurre la dipendenza tecnologica dall’Occidente, un tema evidenziato da diverse analisi, tra cui quelle del Center for Strategic and International Studies(Csis), che sottolineano l’importanza per Pechino di sviluppare una propria catena di approvvigionamento tecnologica robusta e autonoma.

Un dialogo complesso tra accusa e diplomazia

L’incontro odierno segue una conversazione telefonica definita “molto positiva” tra i presidenti Trump e Xi Jinping, sebbene quest’ultimo abbia chiesto alla sua controparte di “raddrizzare la traiettoria della grande nave delle relazioni sino-americane”. La tensione è salita la scorsa settimana, quando Trump ha accusato Pechino di non aver rispettato i termini dell’accordo di de-escalation firmato a Ginevra. Washington aveva acconsentito a ridurre i dazi sui prodotti cinesi dal 145% al 30%, in cambio di una mossa analoga da parte di Pechino, dal 125% al 10% sui prodotti americani, per 90 giorni. Tuttavia, il danno è già visibile: le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti sono calate del 12,7% a maggio rispetto ad aprile.

Ricerca di alleanze e un “canale verde” con l’Ue

Mentre cerca di normalizzare le relazioni con Washington, il governo cinese sta anche attivamente dialogando con altri partner, tra cui Giappone, Corea del Sud e Canada, per formare un fronte comune. Dando un segnale significativo per la transizione energetica europea, Pechino ha proposto un “canale verde” all’Unione Europea per facilitare le esportazioni di terre rare verso l’Europa, in vista del vertice di luglio tra Ue e Cina. Questa mossa sottolinea l’importanza strategica delle terre rare e la consapevolezza cinese del loro ruolo cruciale per la sostenibilità globale, un aspetto sempre più rilevante per le politiche ambientali dell’Ue.

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