04.09.2024
Nel suo nuovo album il famoso rapper risponde per le rime al shitstorm che voleva cancellarlo su TikTok. Lo stesso tentativo è accaduto in Italia con l’imbrattamento della statua di Indro Montanelli. Osservazioni sul fenomeno Cancel Culture e il pericolo di emettere sentenze senza processo, reinterpretando il concetto democratico.
Avete ascoltato l’ultimo album di Eminem? Se prestate attenzione, tra i vari testi sentirete parlare di “Gen Z” e di “polizia del politicamente corretto”. Ma facciamo un salto indietro. Siamo nel 2021, e un nutrito gruppo di giovanissimi, tramite una cosiddetta shitstorm su TikTok, ha cercato di “cancellare” uno dei rapper più famosi del mondo, lanciando l’hashtag #CancelEminem. Il motivo? I suoi testi sono stati ritenuti razzisti, omofobi e transfobici.
E il silenzio del rapper cresciuto a Detroit è durato ben tre anni, ma nel nuovo album “The Death of Slim Shady”, pubblicato a luglio 2024, ha letteralmente risposto per le rime. In Habits, traccia 2, nel testo si sente: «Mi cancellerai, eh? Mi stai trattando da Gen-Z, amico?», mentre in Lucifer, settimo brano del disco, il rapper lancia una provocazione al politicamente corretto. Il testo recita:
«A ogni verso che recito, la polizia del politicamente corretto cerca di sbattermi in prigione senza cauzione come un premio per la pace».
Una reazione, quella di Eminem, a un tentativo di “Cancel Culture”, una sorta di dannatio memoriae dell’epoca contemporanea. Un fenomeno che ha origine negli Stati Uniti, per cui un gruppo di persone esercita pressioni affinché un soggetto (e non necessariamente noto al grande pubblico) ritenuto responsabile di azioni o affermazioni politicamente scorrette venga, per così dire, cancellato. Il caso più famoso, negli USA, è sicuramente quello di Woody Allen: accusato negli anni Novanta dalla moglie di aver abusato della figlia adottiva, e senza prove processuali che confermassero l’accusa, negli anni scorsi è stato condannato, sì, ma dall’opinione pubblica. Le costanti pressioni del pubblico hanno, infatti, portato Amazon Prime ad annullare un accordo sulla distribuzione dei suoi film sulla propria piattaforma. Ma la Cancel Culture ha riguardato anche persone comuni, come docenti e ricercatori che si sono visti sollevati dal proprio incarico perché accusati dagli studenti di aver sostenuto posizioni razziste, spesso secondo criteri quantomeno discutibili.
In Italia non ha tardato a sbarcare – per esempio, con la storia dell’imbrattamento della statua di Indro Montanelli a Milano – anche se con contorni più sfumati e più circoscrivibili al politicamente corretto. Due fenomeni che sono però strettamente imparentati tra loro, e che hanno spesso un tratto comune: emettere sentenze senza processo. E dunque la volontà di “proteggere la democrazia” ottiene l’effetto contrario. Perché cancellando e censurando, senza però tenere in considerazione il contesto, è il miglior modo per stroncare un dibattito e tutte le riflessioni critiche che ne derivano. D’altra parte, la storia (antica e contemporanea) la studiamo, in tutte le sue sfaccettature, per imparare a non ripetere gli stessi errori. No?
Credito fotografico: dal sito di Eminem