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Esteri

Troppo Trump per amare la NATO

12.02.2024

“Do ut des”, questa è la sintesi del rapporto che lega Donald Trump alla NATO. La sua scarsa conoscenza dell’Europa, la sua rabbia per la diffusa impopolarità sul continente, l’incoscienza militare e la nascosta stima nei confronti di Putin, tutti fattori che fanno di lui un personaggio insolito per le prospettive Occidentali. È segnale del destino che l’Europa debba iniziare a fare da sola?

«Non avete pagato. Siete morosi. No, non vi proteggerei. Anzi, li incoraggerei a fare qualsiasi cosa vogliano». Così Donald Trump avrebbe detto al presidente che gli avrebbe chiesto cosa sarebbe successo se la Russia avesse attaccato il suo imprecisato “grossopaese”. Una dichiarazione esplosiva, che farà passare alla storia la sconosciuta Carolina Coastal University, al 36° posto tra gli atenei regionali del Sud. Sì, perché abbandonando l’intervento automatico verso qualsiasi Paese dell’alleanza, Trump ha di fatto scaricato la NATO, la cui credibilità riposa proprio su quella promessa.

«La NATO resta pronta a difendere tutti i suoi alleati», ha risposto, per la verità non troppo velocemente, il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg. «Ogni affermazione in cui si parli della possibilità che i Paesi membri non si difenderanno reciprocamente mette a rischio la sicurezza di noi tutti, inclusa quella degli USA, ed espone i soldati americani ed europei a rischi crescenti».

In termini pratici, è difficile dire quanto l’episodio sia vero. La NATO non è un condominio che emette “quote” da pagare. In compenso, è vero che molti Paesi non rispettano l’impegno formale a spendere il 2% del PIL per la difesa – e non per la NATO. Secondo l’Alleanza, la media è del 2,64%, che scende al l’1,74% se si escludono gli USA, il cui bilancio della Difesa pesa per due terzi dell’intera NATO. I “grandi paesi” sotto il 2% sono cinque, ma il Canada non ha un presidente. Restano perciò Francia, Germania, Italia e Turchia, dei quali solo l’ultima ha un confine – peraltro d’acqua, nel Mar Nero – con la Russia. È dunque probabile che, come spesso con Trump, la storia sia inventata. Il messaggio politico resta però ugualmente grave.

Non è neppure la prima sparata pro-Putin del candidato repubblicano alla Casa Bianca, il quale non ha mai fatto mistero di ammirare il presidente russo. Nel 2016 chiese a Putin di entrare nei server privati di Hillary Clinton e renderne noto il contenuto. Nel 2018 si disse disposto a consegnargli il finanziere Bill Browder, inviso a Putin come proponente della legge sulle sanzioni economiche agli oligarchi. Nel 2020 chiese a Zelensky di fornirgli materiale contro Biden in cambio delle forniture militari all’Ucraina.

Anche così, è difficile capire il perché della sua uscita. Tra i fattori giocano certamente la sua scarsa conoscenza dell’Europa, la rabbia per la diffusa impopolarità sul continente e persino la totale ignoranza delle questioni militari, che negli anni lo ha portato a insultare caduti e prigionieri di guerra come “perdenti”. Più di tutto preoccupa però il rapporto con Putin e la Russia, tanto che numerosi analisti lo ritengono una via di mezzo tra il “candidato manciuriano” (cioé un infiltrato) e un ricattato (secondo le versioni, per i finanziamenti russi alle sue aziende o per peccati sessuali). Quale che ne sia il motivo, il tentativo di bloccare gli aiuti all’Ucraina e la minaccia di sfasciare la NATO sono mosse che giocano obbiettivamente a favore di Putin e degli altri concorrenti degli USA.

Nel medio-lungo periodo, una NATO più debole è però un enorme incentivo all’Europa a costruirsi una Difesa comune, in grado di fare a meno degli USA e dunque politicamente più libera. Come questo possa contribuire all’obbiettivo dichiarato da Trump di “Make America Great Again” (MAGA, fare l’America di nuovo grande) è un mistero per l’intera comunità delle relazioni internazionali e della sicurezza statunitense. La scarsa lucidità di Trump, 77 anni, sotto processo per 91 capi d’accusa, è in fondo l’alternativa più tranquillizzante.

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