Le rinnovabili crescevano alla grande negli Stati Uniti, e a fine 2024 hanno raggiunto una capacità installata di 220 GW di fotovoltaico e di 153 GW di eolico. E così il mondo che ruota intorno alle fonti fossili e quello negazionista del cambiamento climatico hanno moltiplicato gli sforzi per convincere Donald Trump, da sempre nemico delle rinnovabili e amico di petrolio e gas, ad agire. E non è stato affatto difficile.
Il 23 agosto l’amministrazione Trump – tramite un provvedimento Bureau of Ocean Energy Management – ha bloccato, citando una non meglio specificata esigenza di “affrontare le questioni relative alla protezione degli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, la costruzione di “Revolution wind” un progetto eolico offshore vicino alle coste del Rhode Island del promotore danese di parchi eolici Orsted che è completato all’80%, con 45 delle 65 turbine già installate.
Revolution Wind si trova a più di 24 chilometri a sud della costa del Rhode Island, 51 chilometri a sud-est della costa del Connecticut e 19 chilometri a sud-ovest di Martha’s Vineyard. Il Rhode Island ospita già un parco eolico offshore, il Block Island Wind Farm, composto da cinque turbine. Revolution Wind avrebbe dovuto essere il primo grande parco eolico offshore del Rhode Island e del Connecticut, in grado di fornire energia a oltre 350.000 abitazioni. Tutto bloccato.
Il governatore del Rhode Island Dan McKee ha criticato l’ordine di sospensione dei lavori e ha dichiarato che lui e il governatore del Connecticut Ned Lamont, entrambi democratici, “perseguiranno ogni strada possibile per revocare la decisione di sospendere i lavori su Revolution Wind”.
Fermare le rinnovabili
Lo stop alla grande centrale offshore non è isolato. Fa parte di una scelta politica precisa: fermare le rinnovabili a favore delle fonti fossili. “Negli ultimi giorni – ha scritto il NYT – l’amministrazione Trump ha intensificato notevolmente i propri attacchi contro l’energia eolica e solare, emanando una serie di politiche che potrebbero bloccare la realizzazione di progetti di energia rinnovabile su terreni pubblici e privati in tutto il Paese. Il Dipartimento degli Interni richiede ora che decine di consultazioni e approvazioni relative a progetti eolici e solari, un tempo di routine, siano sottoposte a nuovi livelli di revisione politica da parte dell’ufficio del segretario degli Interni, una politica che sta causando notevoli ritardi nel rilascio delle autorizzazioni. L’agenzia sta inoltre avviando indagini sulla moria di uccelli causata dai parchi eolici e ritirando milioni di acri di acque federali precedentemente disponibili per la concessione in locazione da parte delle società eoliche offshore”.
Questo vale anche per gli impianti a terra. E ogni scusa è buona. Agli inizi di agosto il Dipartimento degli Interni ha dichiarato che avrebbe revocato la decisione dell’amministrazione Biden di approvare il Lava Ridge Wind Project, un gigantesco parco eolico previsto per il sud dell’Idaho che era stato osteggiato dai legislatori statali perché, tra le altre cose, sarebbe stato visibile dal Minidoka National Historic Site, un campo di internamento della Seconda guerra mondiale per i giapponesi-americani.
Allo stesso tempo, il Dipartimento dei Trasporti ha fissato requisiti minimi di distanza per i parchi eolici situati in prossimità di autostrade e ferrovie federali, che “devono essere collocati ad almeno 1,2 miglia di distanza” e ha ordinato alla Federal Aviation Administration di fare una nuova valutazione sulla possibilità che “i parchi eolici rappresentino un pericolo per l’aviazione”. Il combinato disposto è un attacco coordinato alle rinnovabili.

Un network promuove l’opposizione all’eolico
Trump è il terminale di un movimento ideologico ben più ampio, che annovera Think thank negazionisti del cambiamento climatico, e soprattutto interessi legati alle fonti fossili, ai quali si uniscono gruppi che diffondono l’ideologia antiambientalista. Lo dimostra il lavoro svolto dal professor J. Timmons Roberts e dal suo Climate & Development Lab (CDL) della Brown University.
“Gli Stati lungo la costa orientale degli Stati Uniti – osserva il Climate and development lab – hanno obiettivi ambiziosi per ridurre le emissioni di gas serra e l’eolico offshore è un elemento chiave dei loro piani in tal senso. Gruppi d’interesse in rapida diffusione stanno però diffondendo affermazioni sull’eolico che sono altamente fuorvianti e non supportate da prove scientifiche. Il CDL ha sviluppato tre studi in questo ambito. Uno considera i discorsi di un gruppo locale del Rhode Island. Un secondo mappa le relazioni tra quelli che sembrano essere gruppi locali con think tank di destra e finanziatori di combustibili fossili, attraverso reti. Il terzo esamina tutti i riferimenti all’eolico offshore e all’offshore nei primi sei mesi del 118° Congresso. Tutti forniscono spunti chiave per capire le forze che agiscono dietro questa opposizione all’eolico offshore”.
Di particolare interesse il lavoro sui gruppi di interesse che alimentano il no all’eolico. “In primo luogo – racconta CDL – abbiamo mappato la rete di opposizione all’eolico offshore sulla costa orientale degli Stati Uniti, che comprende nuovi gruppi locali contrari alle turbine eoliche, noti think tank negazionisti del cambiamento climatico, interessi legati ai combustibili fossili, studi legali e rappresentanti dell’industria della pesca commerciale. In secondo luogo, abbiamo valutato le affermazioni di un gruppo contrario all’eolico offshore nel New England utilizzando due tipologie accademiche. Abbiamo così scoperto che i gruppi locali ricevono ingenti e variegati ‘sussidi informativi’ dai think tank, che consentono loro di diffondere numerose affermazioni che sottolineano gli svantaggi dell’eolico offshore. Sebbene il grado di coordinamento debba essere compreso meglio, gli interessi dei combustibili fossili hanno chiaramente sostenuto il potere politico dei gruppi di opposizione di base. L’opposizione sostenuta da questi gruppi finisce del resto per sostenere gli interessi delle società di combustibili fossili che desiderano evitare la decarbonizzazione a tutti i costi”.
Drill baby drill
Ovviamente la pubblicazione di queste ricerche non è passata inosservata. “Uno studio legale che rappresenta gli oppositori dei parchi eolici offshore – ha scritto il New York Times in 25 agosto – ha chiesto alla Brown University di ritirare una ricerca che descrive in dettaglio i legami tra l’industria dei combustibili fossili e i gruppi anti-eolici. Lo studio, Marzulla Law L.L.C., che ha stretti legami con il movimento legale conservatore, ha definito la ricerca “falsa e dannosa” e ha dichiarato che presenterà un reclamo ai finanziatori pubblici e privati della Brown, tra cui il Dipartimento dell’Energia, la National Science Foundation e la Mellon Foundation. La Brown University non intende sottomettersi tacitando i suoi ricercatori, e andrà avanti nel suo lavoro di monitoraggio. Ma certo la fase storica è chiara e ben sintetizzata da uno slogan di Trump: “Drill baby drill”. Perforate a piacere.