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Esteri

Washington fa i conti con la realtà

14.12.2023

Il braccio di ferro di Joe Biden con i repubblicani non sta dando buoni risultati in politica estera. Enormi perdite russe, ma forte delusione per il mancato successo della controffensiva ucraina. Non aiuta la crisi mediorientale che assorbe già ulteriori risorse militari indebolendo il fronte interno, come dimostra l’ultimo brusco avvertimento presidenziale a Netanyahu.

«Se il Congresso dovesse chiudere per la pausa festiva prima di approvare gli stanziamenti aggiuntivi per l’Ucraina, farebbe a Putin il regalo più grande che potesse mai sperare». È una posizione molto netta quella espressa dal presidente Joe Biden nell’ennesimo braccio di ferro con i repubblicani a proposito del conflitto in Ucraina, ormai vicino ai due anni di durata. La delusione per il mancato successo della controffensiva ha ridato fiato alle correnti isolazioniste e ai tatticismi di quanti vogliono sfruttare il sostegno all’Ucraina per costringere Biden a piegarsi all’agenda repubblicana, per esempio sull’immigrazione. La visita di Zelens’kyj a Washington non ha prodotto i risultati sperati, scontrandosi con l’indifferenza e la freddezza repubblicana. Né aiuta la crisi mediorientale, che già assorbe risorse militari e attenzione politica, come dimostra il brusco avvertimento di Biden a Netanyahu.

Sull’erosione del consenso politico per Israele, a fronte delle alte perdite palestinesi. Il think tank conservatore Heritage Foundation studia apertamente il disimpegno americano, con il plauso del Primo Ministro ungherese Victor Orban, notoriamente filo russo. L’opinione pubblica americana e molti esperti militari avevano immaginato una rapida avanzata ucraina verso Mariupol, in grado di spezzare il “ponte terrestre” con la Crimea, isolandola. In realtà, la mancanza di munizioni e di armamenti, unita alle trincee russe, ha limitato il progresso ucraino e impresso al conflitto la natura di attrito, senza i rapidi movimenti iniziali. Il costo per i russi è stato altissimo: gli Stati Uniti stimano le perdite in 315.000 uomini, pari all’80% della forza che attaccò l’Ucraina nel febbraio 2022. Dei 3100 carri armati impiegati, ne sarebbero stati perduti oltre 2000. La modernizzazione delle forze armate russe sarebbe stata riportata indietro di 18 anni, tanto che sul campo ormai si vedono soprattutto vecchi T-62.

Kyiv ha compiuto progressi nella zona di Kherson, infiltrandosi dietro lo schieramento russo, ma il ritardo nella fornitura dei caccia F 16 costringe a operare senza superiorità aerea, mentre la scarsità di missili antiaerei continua a esporre le città ucraine agli attacchi terroristici russi contro la popolazione. È per questo che oggi il fronte di guerra è soprattutto Washington: senza gli aiuti militari ed economici, l’Ucraina non può immaginare di trasformare la resistenza in vittoria. Ma gli Stati Uniti, impegnati nelle prime fasi di una lunghissima campagna elettorale, faticano a conciliare il desiderio di una rapida vittoria con la realtà sul fronte e la prevalenza delle considerazioni politiche interne su quelle internazionali.

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