10.02.2025
Un documentario denuncia il massacro silenzioso dei grandi elefanti africani
Il sole tramonta lentamente sulla sconfinata savana africana. Tra la vegetazione si muove un super tusker, così vengono chiamati gli elefanti dalle zanne giganti, eredi di un lignaggio che affonda le radici nella notte dei tempi. Ma per quanto ancora questi titani potranno calcare la terra dell’Africa orientale? Nel corso degli ultimi diciotto mesi, ben cinque di questi straordinari pachidermi sono stati abbattuti – nell’area di Enduimet, in Tanzania – dai cacciatori di trofei. Le cifre sono allarmanti: nell’ecosistema di Amboseli sopravvivono meno di dieci esemplari, mentre in tutto il continente africano il loro numero non supera le 50 unità. A decretarne la lenta estinzione non è una legge naturale, bensì l’avidità umana.
Un documentario per squarciare il velo dell’indifferenza
Per dare luce a questa realtà, Humane Society International (Hsi) Africa ha prodotto un documentario di sedici minuti, diretto dal regista Nick Chevallier. In questa breve ma incisiva opera cinematografica, ricercatori, conservazionisti e rappresentanti delle comunità locali offrono la loro testimonianza, denunciando il massacro sistematico dei super tusker e il disastro ecologico che ne deriva.
“Gli iconici super tusker africani sono spinti sull’orlo dell’estinzione dall’avidità dei cacciatori di trofei. Oltre a vantare imponenti dimensioni, questi animali sono pilastri vitali delle loro società, fondamentali per mantenere la stabilità demografica e la salute dell’ecosistema”, spiega Audrey Delsink, esperta di comportamento degli elefanti e direttrice della Fauna selvatica per Hsi Africa. “Questi giganti devono essere protetti non solo per il loro bene, ma anche per le generazioni attuali e future di elefanti e di esseri umani. Un’azione urgente da parte dei decisori politici è fondamentale per la loro sopravvivenza”.
I super tusker non sono soltanto simboli di potenza e longevità. Le loro mastodontiche zanne, ognuna pesa anche più di 45 chilogrammi, li rendono il bersaglio prediletto dei cacciatori di trofei. Tuttavia, la loro uccisione non è un atto isolato: questi animali svolgono una funzione biologica insostituibile poiché regolano le dinamiche gerarchiche, influenzano la riproduzione e favoriscono la selezione naturale dei maschi. Privare un branco della guida di un esemplare anziano significa minare la sua stabilità, scatenando conflitti tra gli elefanti più giovani e alimentando le tensioni tra esseri umani e fauna selvatica.
L’insensatezza della vanità umana
Dietro la caccia al trofeo c’è dunque un crimine contro la biodiversità. Ricchi cacciatori investono somme esorbitanti per appropriarsi di un “trofeo”, un macabro cimelio da esibire. Ma il prezzo di questa ambizione è incalcolabile: ogni elefante abbattuto rappresenta un passo in più verso l’estinzione della specie.
Claire Bass, direttrice delle Campagne e delle Relazioni istituzionali di Hsi Uk, esprime con fermezza la propria indignazione: “Questi animali sono sopravvissuti a decenni di perdita dell’habitat, bracconaggio e cambiamenti climatici e sono icone straordinarie del mondo naturale. Che i cacciatori di trofei li prendano di mira per ucciderli solo per vantarsene è tanto egoista quanto disgustoso. I Governi devono tutelare questi animali insostituibili”.
Il problema non riguarda solo il continente africano. In Italia, tra il 2013 e il 2022, sono stati importati ben 492 trofei di caccia appartenenti a specie minacciate, tra cui elefanti africani, orsi polari, rinoceronti neri, leoni e leopardi. Alessandro Fazzi, consulente Rapporti istituzionali di Hsi Italia, lancia un appello: “Vietare le importazioni di trofei di caccia è un passo fondamentale per la salvaguardia degli animali a rischio estinzione e degli ecosistemi che chiediamo anche alle istituzioni italiane di compiere”.
Il tempo stringe: la salvezza è nelle nostre mani
Sulla carta, i super tusker godono di una qualche forma di tutela. Eppure, la realtà è ben diversa: nonostante il Kenya e la Tanzania abbiano imposto nel 1995 una moratoria per proteggere questi pachidermi transfrontalieri, la caccia al trofeo prosegue senza reali impedimenti. Joyce Poole, cofondatrice di ElephantVoices e da oltre quarant’anni studiosa di queste maestose creature, non nasconde la propria frustrazione: “È semplicemente assurdo compromettere un’intera stirpe di preziosi elefanti dalle zanne giganti per una manciata di cacciatori che vengono qui e pretendono di appendere quelle zanne sulle loro pareti”.
Il tempo per agire sta per scadere.