19.07.2024
Obiettivi impossibili da raggiungere entro il 2030. Ma Spagna, Francia, Svezia, Finlandia, Polonia e Grecia possiedono un ottimo potenziale. Rimane la difficoltà delle industrie difficili da decarbonizzare. L’Italia molto strategica.
Il 2030 si avvicina e gli obiettivi ambientali sembrano, ancora una volta, destinati a sfumare. Ma questa, purtroppo, non è una novità. Ad essere sotto i riflettori della Corte dei Conti europea, questa volta, è la produzione di idrogeno: secondo la relazione dell’istituzione, in particolare, l’Unione europea è riuscita solo in parte a costruire delle solide fondamenta per il mercato emergente.
Individuare una causa, questa volta, non è però immediato, e puntare il dito contro questo o contro quello sarebbe semplicistico. Da una parte ci sono Paesi come Italia, Spagna, Francia, Svezia, Finlandia, Polonia e Grecia che hanno – secondo il report della Corte – un ottimo potenziale per creare un’eccedenza di energia verde che potrebbe essere impiegata nella produzione di idrogeno rinnovabile. Ma sono anche gli stessi Paesi che ospitano i siti più difficili da decarbonizzare. D’altra parte, gli obiettivi fissati per il 2030 per importazione e produzione di idrogeno rinnovabile che, secondo i revisori di Lussemburgo, sono, testualmente, “eccessivamente ambiziosi”. Nello specifico, nel programma RePowerEu, sono previste 10 milioni di tonnellate prodotto e 10 milioni di tonnellate importate.
Un traguardo, questo, che secondo la Corte era irraggiungibile già in partenza, in quanto frutto di errate valutazioni politiche e di un disallineamento tra le aspettative degli Stati membri, nonché della mancanza di una visione completa da parte della Commissione sul fabbisogno finanziario e la disponibilità delle risorse. Ancora, un monito che la Corte lancia alla Commissione riguarda la mancanza di coordinamento tra Stati e industrie e la frammentazione delle risorse. In questo senso, l’Ue ha dedicato 18,8 miliardi da destinare all’idrogeno tra il 2021 e il 2027, ma dispersi tra più programmi di difficile accesso per le imprese. Inoltre, sul report si legge che «il grosso dei finanziamenti dell’Ue è utilizzato dagli stati membri con una quota importante di industrie difficili da decarbonizzare e hanno progetti in fase più avanzata». Dunque, sarà necessario aggiornare con urgenza la strategia per l’idrogeno, ma questa volta sulla base di un’analisi più approfondita.
Intanto in Italia è attesa entro fino luglio la strategia nazionale sull’idrogeno messa a punto dal Ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Obiettivo? Valorizzare le potenzialità nazionali in termini di produzione e sviluppare la filiera. Ma c’è di più, perché l’Italia ha le potenzialità di diventare un hub europeo per l’idrogeno grazie alla sua posizione strategia, alle risorse rinnovabili disponibili e alle competenze presenti sul territorio. E questo sarà il primo passo per cogliere questa opportunità. Resteremo a guardare anche questo treno che passa o finalmente riusciremo a salire e intraprendere un grande viaggio?