22.04.2023
Il Pianeta è casa, il miglior investimento che tutti possono fare per alimentarne le risorse
La giornata mondiale della Terra, un’occasione per riflettere e fare il punto sul da farsi, a cominciare dall’eliminazione degli sprechi.
Il migliore investimento che oggi si possa fare è volto alla protezione, conservazione e valorizzazione delle risorse presenti sul Pianeta per farne un uso consapevole e non dispersivo, profittevole nel senso che procuri vantaggi e non perdite. Altrimenti, risulterebbe non sostenibile. E’ questo, forse, il messaggio forte per dare senso alla Giornata mondiale della Terra, che da 53 anni ricorre esattamente un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera. Il processo di decarbonizzazione richiede una fase di transizione che impegnerà più generazioni e per questo motivo da gestire con oculatezza, al fine di garantire l’energia necessaria aumentando progressivamente la quota di rinnovabili. Si calcola che il messaggio di salvaguardia del Pianeta arrivi direttamente a un miliardo di persone, l’ottava parte di quelle che lo abitano. Non perché la maggioranza dell’umanità sia distratta e insensibile alla qualità della vita e alla difesa della natura. E’ evidente che l’evento annuale del 22 aprile mette in scena un’opera di sensibilizzazione da riproporre nel tempo a seguire, e senza soluzione di continuità, disseminandola in ogni angolo del Pianeta. Qualcosa da farsi, semplicemente perché, all’interno di un involucro confinato e delicato come la biosfera, ognuno deve fare la sua parte. Tocca ai governi dei singoli Paesi trasformare in materia di investimenti tutti i costi, che derivano da gestioni finora mai ottimali delle risorse all’origine, come pure da sprechi e dispersioni nell’ambiente. Perché gli effetti, in positivo o negativo, riguardano tutti, indistintamente. Dallo spazio circumterrestre appare drammaticamente chiaro come gli ecosistemi si stiano deteriorando e gli habitat modificando, con la perdita delle peculiarità che li hanno caratterizzati da sempre. Accanto al quadro generale di macrosistema, che obbliga a frenare il ritmo delle emissioni in atmosfera e regolamentare globalmente il ciclo dei rifiuti per evitare che una gran parte di riversi in acque e oceani, è convinzione generale che l’inversione di tendenza necessiti di azioni locali di riequilibrio. “Se pianto un albero posso mangiare una bistecca”, recita una recente pubblicazione in cui si prova a riassumere le azioni semplici e utili che ognuno di noi può adottare, contribuendo alla salute del Pianeta. Dovremmo incaricarci di centinaia di alberi a testa per permettere di assorbire una quantità significativa di CO2. L’Agenda 2030 si prefigge anche di ridurre del 50% gli sprechi alimentari. In Italia sprechiamo ogni anno mezzo chilo di alimenti a testa, ovvero – secondo quanto Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability – tutti insieme gettiamo nell’immondizia quanto prodotto dalle superfici agricole di Emilia-Romagna e Veneto. Una diseconomia macroscopica, ma di cui non ci accorgiamo o teniamo conto. Anche l’educazione alimentare, dunque, entra a far parte degli investimenti per la salvaguardia della Terra, con l’obiettivo di fare arrivare ad ampliare la superficie dei terreni coltivabili dove la produzione agricola è carente. In casa nostra emerge anche la grave problematica dei territori montani, dovuta alla riduzione della superficie agricola nelle Alpi e negli Appennini. Troppe particelle catastali per i terreni montani, forte riduzione delle imprese agricole, troppo abbandono, e scarso utilizzo delle opportunità dei territori, compresi su terrazzamenti e terreni impervi. La montagna abbandonata richiede azioni per contrastare la parcellizzazione fondiaria, attraverso una legge dello Stato e grazie all’Uncem (unione dei comuni montani), con iniziative vere volte all’utilizzo di terrazzamenti e superfici complesse, a rischio frane e improduttive.