Dimenticate il prato verde smeraldo, rasato al millimetro. La nuova tendenza, fresca fresca dal mondo del giardinaggio britannico, è quella del prato robusto, un mix ruspante e gentile pensato per accogliere margherite, denti di leone, zampe fangose e perché no, qualche rotolata selvaggia.
A guidare la rivoluzione è Monty Don, volto noto nel giardinaggio made in UK, in collaborazione con la Royal Horticultural Society. E il nuovo prato è stato pensato con in mente i cani. Sì, perché il giardiniere non ha mai nascosto il suo amore per gli amici a quattro zampe. Ed è proprio pensando a loro che ha progettato il prato che mixa loietto resistente, l’erba che si trova nei parchi pubblici, trifoglio, margherite e dente di leone.
Certo, non sarà elegante come il classico giardino inglese, ma si può dire che è un piccolo paradiso per cani felici, umani rilassati e insetti impollinatori.
Prato all’inglese o prato mediterraneo?
Una notizia, questa, che forse a noi, abituati a veder scorrazzare i cani nei giardini, potrebbe far storcere il naso. Eppure, anche se nell’immaginario collettivo il prato perfetto è verde brillante, uniforme e morbido, nelle nostre zone sono ben diversi. Ma che differenza c’è tra prato inglese e prato mediterraneo?
“Il prato all’inglese è nato in un contesto molto diverso dal nostro: un clima umido, piovoso, dove l’acqua non è mai mancata e quindi non c’è bisogno di irrigare”, spiega Maria Cristina Tullio, architetto paesaggista. “Inoltre la caratteristica di essere tosato deriva dall’epoca romantica, quando le pecore, pascolando, mantenevano il manto erboso rasato”.
Nelle nostre zone, dove il clima è differente, ci sono caratteristiche diverse: “Il nostro prato è mediterraneo è verde in primavera e giallo in estate”. Il che, però, non vuol dire che sia morto: semplicemente va in dormienza, come parte della flora tipica del nostro clima. “In estate, quando non piove i prati vanno “a riposo”, ricorda Tullio.
Nelle aree urbane, però, la gestione del prato secco pone sfide importanti. Per esempio, l’uso intensivo degli spazi verdi può compromettere il tappeto erboso, già stressato dalla siccità, con il calpestio continuo che ne accelera l’erosione. Risultato? Il rischio di un terreno nudo, che diventa compatto e impermeabile all’acqua. E in queste condizioni è più difficile che l’erba riesca a rigenerarsi nella stagione successiva.
Per mantenere il prato verde con i nostri climi, però, è necessaria una costante irrigazione: “I prati all’inglese nei nostri territori comportano un consumo idrico elevatissimo. Il prato verde è come un arazzo prezioso e deve essere previsto in spazi limitati, in base alla pressione antropica prevista e nei giardini storici di ispirazione romantica”, continua Tullio.
I nostri prati estensivi invece devono essere mediterranei, non irrigati, anche accettando l’ingiallimento estivo, prevendendo specie macroterme con minori esigenze idriche.
I benefici del verde
Eppure il verde, di qualsiasi tipo esso sia, come spiega l’esperta, dà benefici ecologici significativi: assorbe polveri sottili, produce ossigeno e cattura anidride carbonica. Da qui, la necessita di trovare un compromesso.
In quest’ottica, The Lawn Institute attesta che “un appezzamento di prato di 50 piedi per 50 piedi (230-250 metri quadri) produce abbastanza ossigeno per una famiglia di quattro persone. Ogni acro di prato (4.047,86 metri quadri) produce ossigeno sufficiente per 64 persone al giorno”. Sempre secondo l’istituto, il prato traspira acqua, aumentando l’umidità e diminuendo gli inquinanti, immagazzina “carbonio e assorbe ozono, anidride carbonica, acido fluoridrico e nitrato di perossiacetile, il peggior gruppo di inquinanti atmosferici”.
Inoltre, “un acro di prato può assorbire centinaia di libbre di anidride solforosa (45,36 chilogrammi come dato minimo) prodotta da combustibili fossili in un solo anno”. E ancora: “L’erba del tappeto erboso è un dispositivo di raffreddamento evaporativo, motivo per cui le temperature dell’erba sono in media da 10 a 14 gradi centigradi più fresche dell’asfalto e del cemento”.
“Oggi si fanno sperimentazioni molto interessanti per usare varietà di gramigne più resistenti e che rimangono verdi tutto l’anno”. Se questa cosa funzionerà potrebbero esserci grandi prati di gramigna che rimangono verdi durante tutte le stagioni, svolgendo la loro funzione ecologica di assorbimento di polveri e inquinanti e, nelle stagioni calde, di portare frescura”. Ciliegina sulla torta: il tutto con un basso costo di manutenzione.
In questo scenario, infatti, un altro fattore chiave è la manutenzione: un prato naturale, in termini di irrigazione, richiede meno cure, ma va comunque tagliato e gestito. “Quello della manutenzione è un discorso che vale per entrambe le tipologie”, ha affermato Maria Cristina Tullio. “E in quest’ottica, il prato di gramigna, crescendo poco in altezza, non richiede troppi sforzi”. La difficoltà, però, è che per far crescere un prato tutto di gramigna ci vuole molto tempo.
Verde urbano tra psicologia e clima
“Non dobbiamo dimenticare che il verde ha anche un impatto psicologico”, spiega l’esperta. “La vista di un prato verde, trasmette freschezza e serenità”. Ma la sfida, oggi, con i cambiamenti climatici in corso, è quella di coniugare questa dimensione emotiva con la necessità di risparmiare risorse.
Ed è proprio considerando questo fattore che si comprende l’importanza dell’architettura del paesaggio nella lotta al cambiamento climatico: “Con le piante possiamo condizionare i microclimi. Dobbiamo considerare che i giardini e le piante possono contribuire ad abbassare le temperature di vari gradi. E se ben gestite le alberature, oltre ad ombreggiare, possono incanalare i venti, contribuendo a un miglioramento microclimatico significativo”, continua Tullio.
Ma il verde non contribuisce solo alla frescura: “Parlando di microclimi, pensiamo ai tetti verdi: sono importanti anche per il freddo, perché fanno da isolante termico. E questo è sicuramente un vantaggio importantissimo dal punto di vista di risparmio energetico”.
Ancora, un altro contributo che il verde può dare nei contesti urbani è legato ai sistemi geotermici: “Con uno scavo di un metro e mezzo, sotto ad un prato esteso, si può produrre energia sia per scaldare che per rinfrescare. Inoltre, è sempre più urgente provvedere alla raccolta e riutilizzo dell’acqua: l’idea è quella di raccoglierla in laghetti, depurarla e utilizzarla per l’irrigazione”.
Insomma, investendo nel verde si potrebbero avere buoni ritorni. Magari a livello locale. Eppure, sarebbe un bel primo passo per iniziare.