Un lavoro di inchiesta, di sensibilizzazione e di protesta lungo più di due anni. Per far sì che 6.000 tonnellate di rifiuti domestici trasportati illegalmente dall’Italia alla Tunisia tornassero nel nostro Paese. Per questo, Semia Labidi Gharbi, assieme a molti altri attivisti, ha appena ricevuto il Premio Goldman per l’ambiente. Soprannominato il ‘Nobel verde’, questo premio riconosce il lavoro dei difensori dell’ambiente in tutto il mondo.
“Non siamo discariche”
“Siamo Paesi in via di sviluppo” ma “non discariche”, ha affermato Semia Labidi Gharbi . Il caso risale al 2020, quando questi rifiuti domestici, la cui importazione è vietata dalla legge, sono stati trasportati in Tunisia in 280 container da un’azienda tunisina che sosteneva che si trattasse di rifiuti di plastica destinati al riciclaggio. Una volta diffusa la notizia, si sono scatenate le proteste della popolazione e delle Ong locali.
Quando ha saputo cosa era successo, Semia Labidi Gharbi, che ha dichiarato di essersi impegnata per 25 anni su “questioni ambientali che incidono sulla salute”, ha dichiarato di aver trovato la vicenda “inaccettabile”. “Ciò che è tossico per i Paesi sviluppati è tossico anche per noi. E abbiamo anche il diritto di vivere in un ambiente sano”, ha aggiunto. Per non parlare, continua, del fatto che i Paesi sviluppati hanno i mezzi “per gestire i propri rifiuti”, mentre i Paesi in via di sviluppo hanno “capacità limitate”.
Lieto fine
Alla fine, la maggior parte dei container è stata restituita al mittente e 26 persone sono state processate in Tunisia in relazione a questo scandalo. Il ministro dell’Ambiente tunisino è stato rimosso dal suo incarico, arrestato e condannato a tre anni di prigione. Gli sforzi di Labidi Gharbi hanno portato a “cambiamenti politici all’interno dell’Unione Europea, che ha ora rafforzato le sue procedure e normative in materia di spedizioni di rifiuti all’estero”, ha affermato la vincitrice del Goldman Prize.
Vecchi ricordi
Il caso ha riaperto una vecchia ferita, quella legata ai traffici internazionali di rifiuti dai Paesi occidentali verso l’Africa. Una vicenda che per anni ha visto l’Italia tra gli attori principali con la tristemente famosa vicenda delle navi dei veleni, imbarcazioni cariche di rifiuti, a volte anche tossici, che inquinavano illegalmente con il loro carico le coste africane. Alcune, addirittura, venivano fatte inabissare con il loro carico di veleni nel Mediterraneo. Sembrava una pagina chiusa per sempre. Invece, la vicenda evidenzia la crescita del commercio globale di rifiuti, nonostante le rigide normative volte a impedire ai Paesi ricchi di scaricare i loro rifiuti pericolosi nei Paesi poveri.