11 Settembre 2025
/ 11.09.2025

La controriforma sulla caccia è un attacco scomposto alla biodiversità

Il disegno di legge all’esame del Senato ignora che la fauna selvatica è una componente essenziale della biodiversità e dei suoi equilibri evolutivi, una parte vitale del nostro capitale naturale e di servizi ecosistemici essenziali

Il disegno di legge 1.552, all’esame del Senato, propone una vera e propria controriforma della legge 157 del 1992 che regola, insieme, la protezione della fauna selvatica e l’attività venatoria. Citando l’eccessiva diffusione dei cinghiali – causata proprio dall’introduzione in Italia, a fini venatori, di specie estere molto più prolifiche e più grandi di quelle autoctone – questo disegno di legge, invece di prendere atto che con la caccia questo problema non è stato risolto e che per limitare la capacità riproduttiva dei cinghiali servirebbero anche altre soluzioni, lo strumentalizza per indebolire le tutele della fauna selvatica e per deregolamentare la caccia.

Presentandola come fonte di problemi, questo disegno di legge ignora che la fauna selvatica è   una componente essenziale della biodiversità e dei suoi equilibri evolutivi, una parte vitale del nostro capitale naturale e di servizi ecosistemici essenziali. A differenza della legge 157 , questa controriforma punta a facilitare l’attività venatoria, senza  occuparsi della priorità della tutela della fauna selvatica che è in condizioni critiche, sottoposta anche alle pressioni preoccupanti dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento e dei pesticidi usati in agricoltura, al punto che molte specie (come per esempio gli uccelli comuni delle aree agricole ) sono diventate scarse e diverse sono a rischio di estinzione (come la pernice bianca, lo stambecco alpino, alcune specie di anatre mediterranee, il capovaccaio ecc.).

L’elenco delle misure di controriforma, di deregolamentazione della caccia e della tutela della fauna selvatica, contenute in questo disegno di legge, fa una certa impressione : l’ampliamento a intere province degli ambiti territoriali dei cacciatori, che allenta il loro rapporto con i territori;   la possibilità di ampliare i territori per la caccia, ove risultassero regionalmente “troppo limitati”; l’eliminazione dell’obbligo di scelta del tipo di opzione di caccia; l’autorizzazione ad usare strumenti ottici o optoelettronici per la caccia agli ungulati; l’abolizione del divieto di caccia agli ungulati sui terreni coperti dalla neve ed anche di quella nei valichi montani interessati dalle rotte di migrazione , salvo specifici e limitati casi . Vorrebbe introdurre, inoltre, la possibilità di allungare i calendari venatori e di allargare l’elenco delle specie cacciabili, bypassando il parere tecnico dell’ISPRA, che non sarebbe più vincolante per il calendario venatorio e verrebbe eleminato completamente per la definizione dell’elenco delle specie cacciabili, affidata ad un atto esclusivamente politico, un DPCM.  Vista la forte riduzione del numero dei cacciatori, in corso ormai da anni, e visto che anche fra di loro c’è una cresciuta attenzione alle modalità di una caccia responsabile, a un patrimonio faunistico in condizioni di declino in un ambiente naturale sotto pressione, stupisce non poco l’approdo al Senato di un simile tentativo di controriforma. Quel che resta di alcune associazioni venatorie lo sostengono? Abbiamo fiducia che posizioni largamente minoritarie nell’opinione pubblica, palesemente fuori tempo, non prevalgano in Parlamento.

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