02.04.2024
Insegnante per una vita intera, giornalista per amore delle “sue” montagne. Nata a Parre (BG), paese della Val Seriana, sin dall’età di 16 anni denuncia lo sfruttamento del territorio e delle risorse montane.
L’orto è il suo regno, dove è la natura a scandire il tempo. «Mi sento bene quando vedi i risultati di ciò che ho seminato e curato con pazienza». Anna Carissoni è conosciutissima nel paese in cui vive e limitrofi perché è stata la maestra di molti dei bambini nati in valle. «A casa eravamo in tanti e lavorava solo mio papà – racconta Anna –. Nonostante questo, con molti sacrifici, riuscì a far studiare tutti i figli, me compresa: feci le scuole magistrali e diventai insegnante delle elementari». Un lavoro che Anna ha svolto con grande dedizione per quattro decenni, in cui non sono mancati i colpi di scena. «Portavo spesso gli allievi in visita alle stalle: ci tenevo che vedessero la vera vita di montagna – spiega –. Una volta un bimbo rimase quasi ammutolito vedendo mungere una mucca: era convinto che il latte provenisse dal frigo». L’aneddoto fa sicuramente sorridere, ma lascia un po’ di amarezza.
Stiamo perdendo un patrimonio di cultura millenaria legata alla vita dei monti e dei suoi abitanti? Secondo Anna la risposta è sì, e per difendere un tesoro che porta nel sangue è diventata “giornalista di montagna”, come lei stessa ama definirsi.
Sin dall’adolescenza con la sua “penna di fuoco” riporta sui i giornali i crimini di sfruttamento indiscriminato del territorio e delle risorse montane. A sedici anni riceve la prima denuncia dal pretore per aver «fatto le pulci» all’Amministrazione comunale di allora che voleva vendere il Monte Vaccaro a una società edile. Sono i tempi del boom economico e della speculazione edilizia, in cui si continuano a costruire case per villeggianti, principalmente milanesi, togliendo terreno alla montagna. «Gran parte di quelle case sono ora vuote – dice con rabbia non velata Anna –. Ci sono zone di Parre completamente deserte tappezzate da cartelli con la scritta “Vendesi” o “Affittasi”». «Quando trent’anni fa proponevo di puntare su un turismo diverso, basato sull’ospitalità diffusa, mi diedero della pazza – continua –. Oggi mi danno ragione e provo amarezza, non soddisfazione».
La parola “rassegnazione” non fa parte del vocabolario di Anna Carissoni, di gran lunga più incline all’ostinazione. «Io difendo un territorio, scrivo per salvaguardare la biodiversità animale e vegetale»
Un’attivista nelle parole e nei fatti, testimone e praticante della vita a chilometro zero degli abitanti ad alta quota. «Gli abitanti delle montagne non amano gli sprechi, sono i primi praticanti dell’economia circolare». Un modello da cui prendere esempio ma che viene continuamente minacciato dalla cultura dello spreco e del menefreghismo. Da fiera donna di montagna, Anna conosce tutti i diritti della sua terra calpestati ripetutamente, come «la possibilità di una gestione autonoma delle risorse, in particolare dell’acqua, e di uno scambio equo di queste con le zone di pianura». Prerogative che non vengono esaudite stando immobili. Anna Carissoni insegna che l’attivismo ambientale ha varie forme: dalle inchieste giornalistiche fino alla preservazione di usanze che hanno attraversato i secoli, come il metodo della pastorizia.