17.04.2023
Contenuti culturali interdisciplinari, mostre, talk e workshop, il nuovo format del Salone del Mobile di Milano
1.962 espositori, 550 giovani talenti under 35, 27 scuole di design per mostrare, sperimentare, migliorare
Stupore, interesse, curiosità. Chi accede al Salone del Mobile di Milano sa di vivere un’avventura entusiasmante. Dal 18 al 23 aprile va in scena la 61esima edizione, con 1.962 espositori, 550 giovani talenti under 35, 27 scuole di design, per mostrare, sperimentare, migliorare. In un nuovo format espositivo, innervato da contenuti culturali interdisciplinari, con mostre, talk, workshop e installazioni site-specific. Tutt’insieme alle declinazioni di Milano DesignWeek, capaci di contaminare la città attraverso forme, installazioni, frutto d’ibridazione tra arte e tecnica. Nel seguire (ecco il programma di quest’anno) un processo evolutivo che possa consentire a un polo fieristico di rinomanza mondiale l’aggancio con la contemporaneità e proiezioni verso il futuro. Per addentrarsi nel cuore dell’arredo domestico, dal pezzo unico al coordinato, dal classico, al moderno, al design, additando le tendenze di domani. Ricongiungersi all’inedito percorso ad anello di “The city of lights”, tema guida di Euroluce, da cui farsi abbagliare. Perlustrando, poi, i temi (“Building the im-possible”) snocciolati da Design Schools-University del 24esimo SaloneSatellite. In un happening rutilante, oltre i tradizionali padiglioni di Rho-Pero, abbinato alle provocazioni in ogni angolo metropolitano del FuoriSalone, attraverso eventi collaterali, show-room, atelier e studi d’architettura, che finiscono per reinventare il sistema design e la struttura morfologica stessa della città. Colorata, animata, propositiva. Bisognerebbe comportarsi in maniera opposta a quanto fa “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” di Oliver Sacks, che, alla vista di un oggetto comune a lui familiare, vi vede qualcosa di completamente diverso. È giunta l’ora di ribaltare le posizioni prospettiche. Riappropriarsi delle forme, ridisegnare metodi, norme, infrastrutture che animano la vita di tutti i giorni, riducendo anche il flusso nocivo di energia e materiali in ottica di risparmio, ed equilibrio tra ambiente da rispettare, etica e trasparenza delle relazioni interpersonali, rimangono obiettivi precisi.
Nel nuovo modo d’approccio al design, spazio e luogo, contenuto, software, prodotti sono ormai indistinti. L’innovazione di base è già in atto. La casa, allora, assomiglia sempre di più a un abito da indossare e dismettere a seconda dei momenti della vita, delle occasioni. Cambiano le forme esterne ma anche quelle interne; la cucina non è più un luogo separato come negli anni Cinquanta e Sessanta, ma torna ad essere il centro dell’abitazione. Non più quella delle vecchie case contadine, ma area-abitabile. Niente tinelli, bensì spazi-vetrina, open space quasi da transito o da esibizione modello show-room di moda. La residenza ha i suoi totem: vasca idromassaggio e spazio-funzione con attività integrate tra casa e lavoro. Computer, cellulare e e-mail, sempre attivi in un flusso ininterrotto. L’idea di casa-cella-alveare arretra e l’utopia modernista della “macchina per abitare” di Le Corbusier langue, perché l’abitare è in stretto rapporto, ormai, con i modi di vivere contemporanei, ritmati dai tempi e modi del consumo. Da riconsiderare, prima di disegnare il futuro. Milano, fucina di idee: l’essenzialità è un’arte.
Credito fotografico:
Rho fiera, Poliform