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Arte

Conversare arte con il computer

26.12.2023

Si chiama arte generativa e Vera Molnar fu la donna che ebbe l’intuizione di impiegare il computer a scopi artistici per arrivare a un processo pittorico. L’innovazione ha giocato a suo favore, tanto che un anno fa la novantottenne è diventata l’artista vivente più anziana a esporre alla Biennale di Venezia.

La donna che ha scoperto che il computer era arte e che l’arte poteva essere fatta dal computer, un giorno disse: «Non ho rimpianti: la mia vita è fatta di quadrati, triangoli e linee. Non c’è spazio per altro». Così, quando lo scorso 7 dicembre Vera Molnar ha spento definitivamente il suo pc terreno a 99 anni, l’arte generativa ha perso una pioniera, ma lei non ha perso la sua visione del mondo. Artista di origini ungheresi, ha guidato la transizione dall’arte tradizionale all’era digitale cominciando prima di tutti: si chiama arte generativa, e ora sarà messa in mostra per ricordarla da Centro Pompidou di Parigi, con una mostra monumentale che da febbraio la ricorderà nella città in cui ha trascorso la maggior parte della sua vita. Molnar, che ha trascorso gran parte della sua vita a Parigi dal 1947. E dove il suo percorso artistico è cominciato nel 1959 con il concetto di Machine Imaginaire, ovvero una macchina immaginaria basata su algoritmi analogici. Fantascienza, allora.

Questa intuizione avveniristica, in cui linee e forme venivano disposte manualmente su carta a griglia, prefigurava la sua futura esplorazione nell’arte digitale. E il vero salto fu nel 1968, quando la Molnar ebbe accesso a un computer presso un laboratorio di ricerca universitario di Parigi. In un’epoca in cui erano macchine riservate principalmente a scopi scientifici e militari, ci volevano coraggio e idealismo per sfidare le convenzioni. «Ma era appunto il Sessantotto, pensavamo che tutto fosse possibile». Non lo è stato, almeno all’inizio, per un’artista costretta a imparare linguaggi informatici come Basic e Fortran, oppure inserire dati con schede perforate e aspettare giorni per i risultati stampati. Ma la sua serie “Interruzioni”, arrivata poi nel 1974, con linee che si scompongono in un caos apparente, è finita per diventare solo uno dei molti esempi della sua abilità nel bilanciare l’ordine delle macchine con il caos umano.

Nonostante le sfide, Molnar ha persistito nel suo viaggio artistico, esplorando le tensioni tra perfezione e disordine. La sua carriera ha visto il coinvolgimento in importanti movimenti artistici, come il Groupe de Recherche d’Art Visuel, e la collaborazione con François Morellet, Julio Le Parc e Francisco Sobrino. Negli Anni ‘70 si è poi evoluta con l’uso di computer dotati di schermi, permettendole di sperimentare istantaneamente con i risultati dei suoi codici. Era, per lei, una “conversazione con il computer” per arrivare a un processo pittorico. Non tutti l’hanno capita, ma l’innovazione ha lavorato in suo favore, tanto che un anno fa, novantottenne a Venezia, è diventata l’artista vivente più anziana a esporre alla Biennale. Nel frattempo, il tempo ha portato consiglio (agli altri) e ricchezza (a lei), visto che la sua serie Themes and Variations, realizzata in collaborazione con l’artista e designer Martin Grasser, stata venduta da Sotheby’s per 1,2 milioni di dollari. Un progetto basato sulla tecnologia NFT che l’ha resa immortale grazie alla blockchain. Perché dentro quadrati, triangoli e linee, alla fine resta sempre l’infinito.

Credito fotografico: www.veramolnar.com

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