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Daniela Maggioni e l’inganno della falsa libertà

31.05.2024

Trascorriamo l’esistenza a rincorrere la libertà, ma spesso siamo incapaci di essere veramente noi stessi. Perché? Lo spiega la psicoanalista Daniela Maggioni, docente e supervisore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica di Milano.

L’idea che “volere è potere” è forse la più grande delle menzogne. «Siamo liberi quando riconosciamo e accettiamo i nostri limiti, quando abbiamo il coraggio di costruirci una vita a nostra misura», spiega Daniela Maggioni. La psicoanalista smaschera la retorica del “se vuoi ce la puoi fare”, che intossica la nostra società da generazioni, mostrandone la vera natura: una trappola d’infelicità.

Dott.ssa Maggioni, esiste una definizione esaustiva di libertà?

Il concetto va polarizzato in libertà negativa (libertà da) e positiva (libertà di). In questo momento storico tendiamo sempre di più verso la prima, che però è solo un diminuire la dipendenza da vincoli e limiti imposti o vissuti come tali. Non si tratta di una condizione in cui la persona è costruttiva di sé e del proprio posto nel mondo, ma spesso è l’anticamera di una vita destinata all’infelicità e alla frustrazione. Spesso nella nostra cultura la libertà negativa viene confusa con la forza libera dell’Ego: pensiamo a fenomeni esistenziali quali il narcisismo socialmente supportato o l’iper-valutazione del successo.  Vive libero solo chi ha in mano il filo del suo passato e quindi del suo futuro, e riesce a far assomigliare la propria esistenza a sé.

Quali sono le conseguenze del non accettare i propri limiti?

L’essere soggetti a una mancanza di libertà, con due esiti principali: la fuga narcisistica e la caduta depressiva. La prima consiste nel continuo rimando a un ideale di sé irraggiungibile che non richiederà decisioni, scelte e quindi perdite. È il caso della sindrome di Peter Pan: l’individuo, eternamente bambino, rimane libero da responsabilità e limiti. La seconda è il vissuto depressivo, che porta il soggetto a perdere il senso del proprio operare e a non avere più slanci vitali e capacità di investimento.

Come evadere da queste prigioni? Abbiamo gli strumenti per essere liberi?

La verità è che viviamo in una sorta di “libertà vigilata”, una prigionia in cui siamo noi stessi i possessori della chiave. Ognuno può trovare la strada per uscire dalla gabbia, a patto di sapere che non siamo liberi in assoluto e da soli, ma solo nella nostra storia e con gli altri. Neuroscienze e ricerca sul neonato hanno dimostrato quel che la psicoanalisi sa da sempre: non esiste l’Io senza il Tu, corpo e mente diventano il Sé solo nell’intersoggettività con un altro Sé. definisce come soggetto e quindi libero di agire.

Quindi è possibile raggiungere una condizione di libertà assoluta, priva di limiti?

Se pensiamo che i tre quarti delle informazioni scritte nella nostra carta di identità non sono determinate da noi, ma da altri o dal caso, la risposta diventa intuitiva. La nostra vita, un’esistenza finita, è fatta da condizionamenti e soprattutto riconoscimento dell’altro. La relazione è il contrario di fare quel che si vuole in assoluto, ma la condizione necessaria per un’esistenza libera.

 

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