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Musica

Diventare Morricone oggi, bello ma è difficile, il cinema è cambiato

09.06.2023

«I compositori sono come gli avvocati», disse Morricone. Una volta, non bisognava mai proporsi cercando di convincere un regista, ma aspettare che il regista chiami. Ora tutto è cambiato.

I compositori che aspirano a lavorare nel cinema sono moltissimi, ma chi sarà il prossimo Morricone? Forse ce ne sarà ancora uno, ma qualcosa nel frattempo è cambiato. Prima di tutto, il Cinema e il sistema che lo governa. Franco Bixio, editore di Ennio Morricone e autore del famoso tema di “Fantozzi”, spiegò che nell’epoca d’oro del cinema italiano, gli editori musicali stipulavano contratti con le case di produzione cinematografica. Questo garantiva ai compositori, pubblicati da Bixio e da altri, di lavorare su vari progetti. Se un film non aveva successo, gli altri ne compensavano le perdite. Morricone e Trovajoli componevano le musiche per i film di serie A. Bixio, Frizzi, Tempera ed altri, quelle dei film considerati di “Serie B”. Ma tutti avevano il loro spazio.

Oggi, comporre per il cinema dipende da moltissime variabili. È come giocare alla lotteria. Prima di tutto, è necessario legarsi ad un regista che apprezzi lo stile del compositore e lo associ al suo. Poi si deve sperare che il suo film venga prodotto, e che abbia successo. Se ciò non dovesse accadere, il compositore dovrà avere altre risorse, come produrre Library Music (musica di sottofondo concessa su licenza), sperando che venga utilizzata per poter guadagnare qualcosa. O, in alternativa, pensare a insegnare.

A volte capita di trovare la propria Library Music in documentari Netflix prodotti da nomi importanti. Certo, è una bella soddisfazione, ma nel concreto? Nel concreto i diritti internazionali e sulle ripetizioni non vengono pagati, perché la casa di produzione ne paga una licenza minima per l’utilizzo in ogni Paese.

Netflix e le piattaforme sono servizi di streaming, non ancora regolamentati come la Televisione o il Cinema tradizionale. Capita anche che le musiche vengano utilizzate in video da milioni di visualizzazioni, con un ritorno economico minimo, da condividere con l’editore. Tenuto conto che allo stato attuale il 90% dei contenuti viene diffuso in streaming, il ritorno economico in termini di diritti per i musicisti si riduce a una percentuale irrisoria. Se si considerano poi le recenti notizie di abusi su compositori che lavorano nell’ombra di alcuni grandi nomi americani e la precarietà dell’industria in generale, vale ancora la pena lasciare l’Italia e tentare la fortuna a Hollywood, lavorando per anni a favore e nell’interesse di altri che poi firmeranno le musiche?

Anche i videogiochi, oggi veri e propri film, rappresentavano un’industria in cui compositori sconosciuti potevano fare esperienza e ottenere soddisfazioni. Ma anche i videogiochi, oggi, sono commentati dai soliti compositori di Hollywood.

È importante che i giovani prendano coscienza di questa nuova realtà, per non uscire dai conservatori impreparati. Mai come prima, il Cinema è un business spietato, e così la musica per il cinema. Morricone dichiarò in una vecchia intervista che «i compositori sono come gli avvocati», e che il compositore non dovrebbe mai proporsi cercando di convincere un regista, ma aspettare che il regista lo chiami. C’era una volta in America…

Credito fotografico:

Ennio Morricone, Praga, 2010

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