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Personaggi

Don Giorgio De Checchi e la vita oltre la mafia

31.05.2024

Un percorso di emancipazione e svincolo dagli schemi e dalla schiavitù della cultura mafiosa: ecco “Liberi di scegliere”, progetto nato su impulso del Tribunale per i Minorenni di Reggio e portato avanti da Libera contro le mafie.

«Sono una donna, ma sono soprattutto la mamma dei miei tre figli. Ho maturato questa scelta quando mio marito è stato ucciso per mano della mafia, cioè da quello stesso mondo di cui era parte integrante». Daniela (nome di fantasia) racconta in un audio-video il momento in cui ha scelto la libertà, per sé e per i propri figli. Per amore una madre può tutto: anche dire di no a un’esistenza sottomessa alla mafia.

Quando si nasce in un contesto di criminalità organizzata, il cammino verso la libertà è più che tortuoso. All’inizio Daniela non trova alcun tipo di aiuto, poi nel 2010 incontra don Luigi Ciotti, fondatore di Libera contro le mafie, la rete di associazioni, cooperative sociali, movimenti e gruppi, scuole, sindacati, diocesi e parrocchie, gruppi scout, coinvolti nella lotta alla criminalità organizzata. A quel punto entra a far parte del programma “Liberi di scegliere”: per lei e per i suoi figli inizia un’altra storia con nuove identità in una città lontana.

«Ci vuole coraggio per fuggire da determinate realtà» dice don Giorgio De Checchi, coordinatore di “Liberi di scegliere”. Dopo aver operato come missionario in Ecuador per undici anni, don Giorgio torna in Italia e decide di entrare a far parte di Libera, mosso questa volta da una vocazione civica – e non solo religiosa –. «Già negli anni ’80, durante la sanguinosa guerra di ‘ndrangheta, don Italo Calabrò (pioniere dell’antimafia sociale, morto il 16 luglio 1990, ndr), parroco di San Giovanni di Sambatello in provincia di Reggio Calabria, intuisce che, per chi nasce in una famiglia mafiosa, è difficile accedere a una vita di legalità». Del resto «certi contesti sono così intrisi di cultura mafiosa che è quasi impossibile uscirne», aggiunge. La stessa audacia di don Italo oggi muove la coscienza di don Giorgio e delle donne come Daniela, che hanno la fortuna di accedere al progetto “Liberi di scegliere”.

Si tratta di un protocollo d’intesa tra Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, Tribunale per i Minorenni, Procura per i Minorenni e Procura Distrettuale di Reggio Calabria, Procura Nazionale Antimafia e Libera ed è sostenuto dalla Conferenza Episcopale Italiana. Lo scopo è «aiutare e accogliere donne e minori che vogliono uscire dal circuito mafioso e promuovere una rete di protezione e di sostegno per tutelare e assicurare una concreta alternativa di vita ai minori e alle loro madri, provenienti da famiglie mafiose».

Le donne, i cui mariti sono uccisi o incarcerati, sono quelle che pagano il prezzo più alto: «Vogliono Lasciano la famiglia nella quale sono trattate come schiave», continua De Checchi. È un mondo tremendamente maschilista, in cui «i ragazzini sono destinati a essere uomini della ‘ndrangheta e le ragazzine moglie di uomini di ‘ndrangheta».

Al di là del ruolo delle istituzioni pubbliche e giudiziarie, il successo del programma, non sostenuto da fondi statali, ma con il contributo 8×1000 alla Chiesa cattolica, è determinato dal coinvolgimento della società civile in questa lotta per la libertà, dove la storia di Daniela si intreccia a quella di Felicia Impastato, Rita Atria, Lea Garofalo, Piera Aiello. Donne diverse, un solo amore per la legalità, per i figli, per la vita.

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