27 Luglio 2024
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Giustizia

Durata e tempi della giustizia, così si inaugura l’anno giudiziario

26.01.2024

Chi si attendeva che l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024, svoltasi in Cassazione lo scorso 25 gennaio, potesse costituire l’occasione per discutere di riforme mancate, di riforme future e dei controversi rapporti tra magistratura e politica è rimasto deluso. Come da tradizione è, invece, prevalso un monocorde snocciolamento di numeri e dati unito a una riflessione sull’andamento della giustizia in Italia. A ciò ha contribuito, anche, la solennità del luogo in cui la cerimonia si è svolta, l’Aula Magna della Cassazione, che impone alle più alte cariche della magistratura, al vicepresidente del CSM, al Ministro della Giustizia e ai vertici dell’avvocatura di utilizzare un linguaggio aulico e parsimonioso nel corso dei loro interventi.

Ciò premesso, tra i vari temi toccati c’è uno che merita particolare approfondimento: quello della riduzione dei tempi della giustizia che riguardando l’efficienza maggiormente impatta sugli utenti del sistema giustizia nonché sul versante dell’economia anche in prospettiva del conseguimento degli obiettivi fissati dal PNRR per il 2026. Sul punto occorre riprendere proprio quei dati così come sono stati snocciolati da Margherita Cassano, Primo presidente della Corte di Cassazione, che dopo aver premesso che «rendere la giustizia efficace attraverso un recupero di efficienza serve alla costituzione di uno stato moderno, anche per la programmata politica di crescita e sviluppo», ha sottolineato gli aspetti positivi della riforma Cartabia evidenziando che: nel settore civile, per quanto riguarda il numero delle pendenze si è registrata una diminuzione pari all’8,2% nei Tribunali e al 9,8% nelle Corti d’appello; per quanto riguarda la durata media si è registrata una diminuzione dei procedimenti in primo grado pari al 6,6% ed in appello al 7%; per quanto riguarda il disposition time si è registrata, infine, una diminuzione pari al 6,4% nei Tribunali e al 6,4% nelle Corti d’appello;

nel settore penale si è, invece, registrata una diminuzione delle pendenze pari al 13% nei Tribunali e al 6,5% nelle Corti d’appello, pur considerando l’aumento dei procedimenti di nuova iscrizione che nell’anno 2023 hanno raggiunto la ragguardevole cifra di 2.447.467; per quanto riguarda il numero dei procedimenti definiti lo stesso è aumentato dell’8,3% in primo grado e del 10,6% in appello; per quanto riguarda il disposition time si è registrata una durata di 310 giorni in tribunale inferiore ai 386 giorni del periodo precedente ed una dura di 689 giorni in Corte d’appello inferiore rispetto agli 815 giorni del periodo precedente;
innanzi alla Cassazione, su un totale di 94.759 procedimenti civili (il 54,6% è in carico alle Quattro Sezioni civili e il 44,2% alla Sezione Tributaria) le definizioni ammontano a 34.793. L’indice di ricambio è salito al 141% rispetto al 121,3% del 2022. Il disposition time è pari a 1.003 giorni e registra una diminuzione di 60 giorni rispetto al 2022 e di 299 giorni se raffrontato con i dati di partenza del 2019, assunti come parametro di comparazione ai fini del Pnrr.

Sono dati da cui si riesce a comprendere in maniera chiara e precisa i termini di effettiva durata di un processo in Italia e che in qualche modo possono fungere da bussola anche per gli investitori italiani e stranieri nel caso di eventuali e futuri contenziosi delle rispettive imprese. Dalla piana lettura di questi dati si ricava che sul versante della riduzione dei tempi della giustizia, tanto per il settore civile quanto per il settore penale, si può oggettivamente formulare una prognosi di possibile conseguimento degli obiettivi che il PNRR, per il 30 giugno del 2026, ha fissato nei seguenti termini: 282 giorni per i Tribunali; 601 giorni per gli Uffici di secondo grado; 977 giorni per la Cassazione (in relazione alla quale per conseguire l’obiettivo fissato al 30 giugno 2026 è necessaria la diminuzione di ulteriori 26 giorni).

Ciò detto, se è vero che questo dato deve essere valutato come un successo, grazie anche allo sviluppo dell’istituto della mediazione, è altrettanto necessario che, in vista del conseguimento degli indicati obiettivi del PNRR, non vengano sacrificati i diritti dei cittadini tanto nel processo civile, dove gli avvocati sempre di più lamentano una mancanza di contraddittorio davanti al giudice, essendo per lo più il processo diventato uno scambio di atti tra le parti, quanto nel processo penale dove spesso si assiste ad una restrizione del diritto di difesa per la celere definizione dei dibattimenti. Insomma, la necessità di evitare che la soluzione di un problema, quello dei tempi della giustizia, possa essere la causa di un altro problema rappresentato dalla compressione dei diritti delle parti che l’articolo 24 della Costituzione tutela riconoscendo ad ogni cittadino il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri interessi.

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