27.11.2024
Ambiente, Eventi, Sicurezza, Sostenibilità
Il nucleare che decarbonizza l’Italia
Raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi senza il supporto del nucleare sembra impossibile secondo gli esperti. Dalla decarbonizzazione alla competitività industriale fino alla formazione. I punti fermi dell’iWeek di Roma sulle prospettive dell’energia nucleare nel Bel Paese.
È stato un confronto a più voci quello svoltosi durante la VI edizione di iWeek a Roma. In platea, tutti esperti del tema che è stato al centro del dibattito, ossia il possibile ritorno dell’energia nucleare nel nostro Paese: da Enea a Transmutex, da Newcleo ad Alpha Ring, da Enel a Sogin e tanti altri. Un incontro, questo, ricco di spunti, raccontati tutti da prospettive differenti, ma che, alla fine della giornata, sono stati riassumibili in tre grandi elementi chiave: il nucleare è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, è centrale per la competitività delle imprese italiane ed è da considerare complementare alle fonti rinnovabili e non un nemico.
Prima di tutto la decarbonizzazione: raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi senza il supporto del nucleare – sottolineano gli esperti – sembra impossibile. Le fonti rinnovabili, infatti, se da una parte sono un tassello fondamentale nel puzzle della transizione energetica, dall’altra mostrano dei limiti: densità energetica ridotta, intermittenza e dipendenza dalle condizioni ambientali. E dunque di fronte a questo dilemma, l’energia nucleare si configura come risorsa capace di garantire una produzione stabile e consistente di energia pur sempre con una ridotta quantità di emissioni di CO2.
Altro tema cruciale la competitività delle imprese: gli elevati costi energetici penalizzano il nostro tessuto produttivo, soprattutto quello più energivoro. «L’Italia, come altri paesi industrializzati, è davanti ad una sfida impegnativa che è al contempo ecologica e di politica industriale – spiega Gian Luca Artizzu, AD di Sogin – Allo stesso modo, se vogliamo rimanere fra i Paesi industrializzati, dobbiamo prevedere un incremento dei consumi elettrici per il necessario impiego di data center e altre tecnologie. Tutto questo converge verso la necessità di produrre in prospettiva attraverso un mix intelligente di energie rinnovabili e nucleare, per ridurre la CO2 e fornire al sistema industriale e civile la costanza, la certezza e l’economia di suolo e materiali che solo il nucleare sa offrire». E dunque, arrivando al terzo punto, il nucleare si pone a tutti gli effetti come spalla per l’energia green, e non come un nemico.
In questo scenario, la formazione gioca un ruolo cruciale. Certo, l’Italia il suo know-how ce l’ha, nonostante il nucleare non sia attivo sul territorio da decenni, ma in una prospettiva di rinascita le nuove leve saranno indispensabili. La crescita del settore, infatti, richiederà personale altamente qualificato, capace di sintetizzare un contesto che da una parte punta alla standardizzazione degli impianti e dall’altro all’impiego di tecnologie avanzate, come i reattori di nuova generazione SMR e AMR o la trasmutazione, un meccanismo che consente di riciclare le scorie e ridurne di mille volte la radiotossicità. Insomma, gli strumenti ci sono. Le competenze e la preparazione non ci mancano, e nemmeno l’esperienza. Ora però serve il coraggio, necessario per fare quel passo in avanti e lasciarsi alle spalle i timori degli anni Ottanta.