25 Aprile 2025
/ 25.03.2025

La Corte dei Conti boccia la gestione dell’acqua

Nella sua relazione, la Corte dei Conti passa in rassegna la gestione dell’acqua. Tra ritardi, consumi e fondi del Pnrr, emerge un settore che deve accelerare il processo di ristrutturazione se vuole continuare a stare al passo con l’Europa

“È fondamentale una gestione efficiente e sostenibile della risorsa idrica per il futuro del territorio, orientando gli sforzi delle istituzioni e dei soggetti coinvolti nella filiera affinché́ i contributi dei singoli possano essere integrati in una visione di sistema”. Prima l’Istat aveva lanciato l’allarme sui costi . Poi l’Ispra aveva certificato l’esistenza di un’Italia spaccata in due per quanto riguarda consumi e gestione dell’acqua. Ora anche la Corte dei Conti ha focalizzato la sua attenzione sul bene più prezioso che abbiamo. E lo ha fatto secondo quelle che sono le sue competenze.  Nella relazione, la magistratura contabile ha analizzato “Il contributo al raggiungimento dell’obiettivo 6 dell’Agenda 2030 dell’Onu e alla mitigazione dei danni connessi alla siccità attraverso il miglioramento della rete distributiva e dell’approvvigionamento idrico”.

Il sistema di prelievo e trattamento delle acque in Italia, specifica la Corte, si fonda su una governance multilivello, essendo tre i ministeri coinvolti, e sul Servizio idrico integrato – previsto dalla “legge Galli” del 1994 e non ancora completamente attuato – con alcuni ambiti territoriali gestiti in economia e caratterizzati da una bassa capacità di investimento. Nella relazione si raccomanda il rapido superamento delle criticità a favore dell’unicità̀ della gestione e della piena integrazione, anche verticale, del servizio idrico.

Negli ambiti affidati a un unico gestore, sottolinea ancora la Corte, si assiste a un incremento della capacità di investimento “i cui risultati tendono ad avvicinare la posizione dell’Italia alla media europea”.

È la gestione economica il punto dolente della relazione se è vero che la Corte sottolinea come a fronte di un fabbisogno stimato di 6 miliardi all’anno, le entrate non superano i 4 miliardi. La previsione delle spese correnti è, peraltro, fortemente aleatoria poiché formata per circa un terzo dal costo dell’energia elettrica.

Una situazione che va a inserirsi in un quadro in cui il servizio risulta deficitario. In Italia, il volume di acqua prelevato per uso potabile in Italia supera i 9 miliardi di metri cubi all’anno, per un prelievo giornaliero di 25 milioni. Ebbene, il volume erogato corrisponde a poco più della metà (4,6 miliardi) del prelievo, a causa delle perdite nel trattamento di potabilizzazione (1 miliardo) e per l’inefficienza della distribuzione in cui viene sprecato circa il 40% del quantitativo immesso in rete (3,4 miliardi).

La Corte dei Conti suggerisce anche un nuovo approccio alla risorsa acqua, che tenda ad accrescerne la consapevolezza anche tra l’utenza. Da un lato ci potrebbe essere un aumento delle tariffe, dall’altro il miglioramento del servizio.

La razionalizzazione degli investimenti è da effettuare attraverso l’adozione del Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico (Pniissi). Mirando a fornire un unico strumento programmatorio e di gestione, consente di porre rimedio, almeno in parte, alle carenze strutturali.

Al momento, risultano in corso 628 interventi per 5,3 miliardi. Di questi, 3,7 sono ascrivibili al Pnrr e interessano prevalentemente progetti legati alla riduzione delle perdite idriche in distribuzione mentre risultano poche le azioni per l’aggiornamento infrastrutturale per lo stoccaggio e la circolarità̀ dell’acqua.

La crescente domanda di risorsa idrica, si legge ancora nella relazione, e le conseguenze dei cambiamenti climatici impongono di coordinare le azioni per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, incentivando la programmazione e l’attuazione di misure volte all’implementazione dell’utilizzo di dissalatori e di acque reflue depurate.

Dati controversi

L’utilizzo idrico a fini irrigui rappresenta oltre il 50% del fabbisogno dell’acqua. Il comparto registra 279 progetti attivi a fine 2024, per oltre 2 miliardi di euro distribuiti su molteplici fonti di finanziamento, Pnrr incluso.

I magistrati contabili nel loro report sottolineano però come esista una criticità relativa al reperimento dei dati relativi ai consumi idrici per usi diversi da quello idropotabile, con il risultato che “la parziarietà delle informazioni ostacola percorsi di pianificazione e programmazione strategica efficienti”.

Pertanto, continuano i magistrati contabili, risulta necessario lo sviluppo delle azioni di installazione di misuratori e sistemi di telecontrollo sulle reti collettive, in grado di quantificare l’utilizzo dell’acqua, limitando gli usi impropri nelle zone rurali. L’incidenza del comparto agricolo sul consumo di risorsa idrica, conclude la relazione, mostra quanto le iniziative volte al risparmio, attuate nell’ambito delle finalità irrigue, possano riverberarsi positivamente sugli altri usi, in particolare, su quello idropotabile.

Infatti, nella relazione si legge che l’individuazione di una tariffa adeguata “rappresenta un fattore determinante per assicurare gli investimenti, non solo per la copertura dei costi operativi, ma anche per la manutenzione delle infrastrutture e la realizzazione di nuove opere che rispondano a standard di efficienza e sostenibilità̀ più elevati. L’Italia è fra i Paesi europei con il più basso rapporto fra tariffa e Pil pro capite. Anche per l’accrescimento della consapevolezza nell’utenza del valore della risorsa, “è possibile che nel prossimo periodo di regolazione si realizzi un progressivo allineamento agli standard europei sulla tariffa e sul volume degli investimenti, non trascurando, peraltro, l’esigenza di garanzia di accesso universale alla risorsa con meccanismi di equità sociale rivolti alle fasce di popolazione più vulnerabili”.

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