10 Maggio 2025
/ 9.05.2025

La siccità alimenta il conflitto tra India e Pakistan

La tensione tra India e Pakistan non si placa. Soprattutto dopo la decisione di Nuova Delhi di sospendere il Trattato delle acque

Nonostante i numerosi appelli di tutto il mondo – Italia compresa – alla calma e alla de-escalation, non accenna a spegnersi l’ennesimo fronte di guerra nel Kashmir tra India e Pakistan, che continuano ad accusarsi a vicenda di attacchi che da mercoledì hanno già provocato decine di morti.

L’episodio che ha fatto scattare l’attacco militare indiano è la serie di attentati terroristici dello scorso 22 aprile: quando nel Kashmir indiano sono state uccise 26 persone da terroristi legati all’organizzazione sunnita jihadista Lashkar-e-Taiba.  Quella tra i due Paesi è un’inimicizia lunga più di settant’anni che ruota attorno al Kashmir, e che più volte è sfociata in atti di guerra. Una tensione all’ombra del rischio nucleare tra due potenze dotate dell’arma più letale. 

E a proposito di armi, una delle prima reazioni dell’India è stata proprio quella di ricorrere all’arma potente delle risorse naturali.

Nuova Delhi ha annunciato infatti la sospensione del Trattato delle acque dell’Indo, che ha regolato per ben 65 anni la distribuzione delle acque del fiume tra India e Pakistan. La decisione è particolarmente critica per il Pakistan: circa l’80% del suo fabbisogno idrico dipende da quel bacino.

Le tensioni politiche tra i due Stati c’erano già state, ma l’intesa aveva sempre resistito. “In precedenza, l’acqua dell’India scorreva verso l’esterno, ma ora verrà fermata per servire gli interessi dell’India e sarà utilizzata per il Paese”, ha affermato il primo ministro indiano Narendra Modi in un discorso pubblico. Il governo di Islamabad ha risposto dicendo che “qualsiasi tentativo di interrompere o deviare il flusso d’acqua di proprietà del Pakistan sarà considerato un atto di guerra”.

Secondo fonti indiane, il governo indiano avrebbe prima chiuso le dighe lasciando all’asciutto alcuni affluenti, per poi riaprirle causando gravi inondazioni nel Kashmir pakistano. Intanto, monta l’allarme per l’impatto che la decisione avrebbe su coltivazioni, ecosistemi e comunità locali. La sospensione del trattato potrebbe aggravare la crisi idrica in Pakistan, già segnato da siccità e scarsità di piogge. 

L’India ha inoltre accelerato la costruzione di quattro grandi impianti idroelettrici nel Kashmir e nella regione del Jammu: Pakal Dul, Kiru, Kwar e Ratle, con una capacità combinata di oltre 3.000 MW. Questi impianti potrebbero alterare significativamente i flussi fluviali, fondamentali per l’agricoltura e l’ecosistema del Kashmir pakistano.

Il ministro della Difesa pakistano Khawaja Asif ha affermato che il governo Modi sta usando il recente attacco nel Kashmir occupato dall’India come operazione “sotto falsa bandiera” per giustificare il suo obiettivo di lunga data di ritirarsi dal Trattato sulle acque dell’Indo, un accordo chiave considerato un pilastro della stabilità regionale.

Parlando al New York Times, il ministro della Difesa ha ipotizzato che l’attacco del 22 aprile potrebbe essere stato orchestrato per provocare una crisi e creare le condizioni affinché l’India si ritiri dal patto di condivisione delle risorse idriche, in vigore da decenni. L’attacco, rivendicato dal gruppo poco noto The Resistance Front (TRF), ha innescato una forte escalation delle tensioni tra i due vicini dotati di armi nucleari.

“Questo incidente sembra capitato proprio al momento giusto per fornire all’India la scusa che cercava da anni per uscire dal trattato”, ha dichiarato Asif. Ha accusato il governo del BJP di sfruttare la tragedia per ottenere vantaggi politici senza presentare prove credibili o condurre un’indagine imparziale.

Asif ha ribadito che il Pakistan è pronto a collaborare a un’indagine internazionale condotta da parti neutrali e ha sottolineato che Islamabad non ha avuto alcun ruolo nell’incidente. Ha inoltre messo in guardia contro i pericoli di errori di valutazione, affermando che qualsiasi escalation militare potrebbe avere conseguenze catastrofiche per la regione.

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