Oggi è il 20 maggio e sui giornali troviamo molte notizie sulla Giornata Mondiale delle Api. Notizie in cui si descrive con precisione e chiarezza perché le api sono essenziali per la nostra sopravvivenza. Negli altri 364 giorni però hanno grande spazio le tesi che portano alla situazione attuale, allo squilibrio ambientale che da anni riduce drasticamente il numero degli impollinatori. La compassione di un giorno e l’indifferenza negli altri ha prodotto la situazione attuale. Vogliamo veramente cambiare? Allora dobbiamo rimuovere le cause.
Cause che sono note, e tutte figlie del nostro modello produttivo: pesticidi neurotossici, monocolture che azzerano la biodiversità, perdita di habitat, inquinamento atmosferico, crisi climatica. In pratica: stiamo disintegrando i loro ambienti di vita, che in realtà sono anche i nostri.
Un ronzio sempre più debole
Tra le minacce più evidenti c’è l’uso di neonicotinoidi, pesticidi che agiscono sul sistema nervoso degli insetti e li disorientano fino a farli morire lontano dall’alveare. L’UE ne ha vietato alcuni, ma i divieti vengono spesso aggirati con deroghe temporanee. Poi c’è la crisi climatica che altera il calendario biologico e confonde le api facendole uscire dall’alveare troppo presto: ingannate dalla mitezza dell’inverno trovano un mondo ancora privo di fiori e consumano inutilmente le scorte alimentari. L’insieme di questi problemi sta facendo sparire le api. Declini di popolazione anche superiori al 30% all’anno sono stati registrati in diverse aree d’Europa e del Nord America.
La riduzione degli impollinatori non minaccia di toglierci soltanto uno dei simpatici protagonisti dei cartoni animati. Senza il trasporto del polline da un fiore all’altro, una gran parte della frutta, della verdura e perfino del caffè che consumiamo ogni giorno non esisterebbe. Certo è un lavoro che si può provare a far svolgere a dei mini robot, ci sono sperimentazioni in corso. Ma è costoso, molto meno efficiente ed è difficile ipotizzare un rimpiazzo su scala globale.
L’ape che vale oro
Quanto vale il lavoro delle api che stiamo licenziando? Secondo la Fao, oltre il 75% delle colture alimentari globali dipende in tutto o in parte dall’impollinazione animale, e tra tutti i candidati possibili (farfalle, uccelli, pipistrelli), le api sono le regine indiscusse. Non solo le più efficienti, ma anche le più versatili: possono visitare migliaia di fiori in un solo giorno, muovendosi con una precisione da ingegnere tra specie botaniche diverse. Ecco perché l’ecosistema agricolo mondiale è appeso alle loro ali.
Secondo l’Ispra, il valore economico del servizio di impollinazione gratuitamente offerto dagli animali è di circa 153 miliardi di euro a livello mondiale, di cui circa 22 miliardi in Europa e 2,5 miliardi in Italia. Inoltre, la produzione agricola mondiale direttamente associata all’impollinazione rappresenta un valore economico stimato tra 235 e 577 miliardi di dollari. Senza api, buona parte del nostro cibo diventerebbe più raro, più costoso, meno nutriente.
Le soluzioni ci sono
Ma non tutto è perduto. Le soluzioni esistono. Una su tutte: l’agricoltura biologica e biodinamica. Le pratiche agroecologiche che rinunciano alla chimica pesante e promuovono la biodiversità non solo tutelano le api, ma migliorano la salute dei suoli, la qualità dell’acqua e la resilienza dei raccolti. È la classica situazione win-win.
Poi ci sono le api urbane, un fenomeno in crescita che dimostra come le città possano diventare rifugi insospettabili. Parigi, Londra, Milano: in tanti tetti sono comparsi alveari. Non perché le api amino il traffico, ma perché spesso trovano più fiori nei parchi cittadini che nelle campagne ipertrattate chimicamente.
E c’è anche il nostro ruolo: seminare fiori melliferi, evitare diserbanti nei giardini, sostenere gli apicoltori locali. Anche le scelte di consumo fanno la differenza: un miele prodotto in modo etico racconta una storia di equilibrio tra uomo e natura. Perché le api sono sentinelle ambientali. Quando stanno male loro è perché qualcosa nell’ecosistema è andato storto. Einstein (forse) non l’ha mai detto, ma la frase che gli viene attribuita resta vera: senza api, anche l’uomo non avrebbe molto futuro.