2 Aprile 2025
/ 25.11.2024

Le Big Tech sono troppo Big

Le Big4 sono un ostacolo alla concorrenza e all’innovazione e vanno frammentate. Interviene il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti per equilibrare il mercato a cominciare da Google. Una delle vie è promuovere la concorrenza. Per il presidente degli affari globali “La proposta va ben oltre quanto deciso dalla Corte”. L’approfondimento.

Le Big4 sono un ostacolo alla concorrenza e all’innovazione e vanno frammentate. Interviene il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti per equilibrare il mercato a cominciare da Google. Una delle vie è promuovere la concorrenza. Per il presidente degli affari globali “La proposta va ben oltre quanto deciso dalla Corte”. L’approfondimento.

Li vogliono fare a pezzi. E sembra quasi che il suggerimento che Scott Galloway scrisse qualche anno fa nel libro “The Four” sia diventato di ispirazione: le Big Tech sono troppo Big, è l’ora di ridurle in vari frammenti. Questa, insomma, è l’idea del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che ha proposto di costringere Google a vendere Chrome per riequilibrare il mercato delle ricerche online. E stiamo parlando del browser utilizzato da milioni di utenti in tutto il mondo. Anzi miliardi.

Questa misura, secondo il Dipartimento, potrebbe ridurre il potere di Google nel settore promuovendo una maggiore concorrenza. E non si è fatta attendere, ovviamente, la risposta di Big G che non ha esitato a esprimere la propria opposizione, definendo la proposta “ampiamente spropositata”. Secondo Kent Walker, presidente degli affari globali di Google e della sua società madre Alphabet, questa decisione avrebbe conseguenze negative non solo per l’azienda, ma anche per i consumatori e l’innovazione tecnologica negli Stati Uniti: «La proposta va ben oltre quanto deciso dalla Corte – ha dichiarato Walker. Danneggerebbe una serie di prodotti Google che milioni di persone apprezzano e utilizzano quotidianamente, compromettendo la privacy e la sicurezza degli americani». Il problema è che Chrome è diventato il centro di un (quasi) monopolio digitale. Il cuore della questione, dunque, risiede nell’equilibrio tra concorrenza e privacy. Secondo Google, vendere Chrome potrebbe portare alla condivisione delle ricerche personali degli utenti con altre società, incluse alcune straniere, aumentando i rischi per la sicurezza. Inoltre, Walker ha sottolineato che la proposta avrebbe un impatto negativo su partner come Mozilla, il cui browser Firefox si finanzia grazie all’accordo con Google per la posizione privilegiata nella Ricerca. Infine, Google ha anche evidenziato come le misure richieste siano eccessivamente complicate per i consumatori. Un esempio? L’installazione di due schermate di scelta separate sui dispositivi Pixel prima di accedere a Google Search, con design e approvazione supervisionati da un Comitato Tecnico: «Sembra una parodia, ma non lo è».

Infatti, è realtà, e dipende anche dal fatto che le grandi aziende tecnologiche fin qui non sono state abituate ad avere contraddittorio. Le accuse di monopolio contro Google sono arrivate sempre più frequenti solo negli ultimi mesi, è il gigante della tecnologia si è sempre difeso affermando che appunto delle sue innovazioni abbiano beneficiato sia gli utenti che il settore. Tuttavia, il Dipartimento di Giustizia statunitense è determinato a ridimensionare questa supremazia, considerandola un ostacolo alla concorrenza e all’innovazione. La battaglia ora si sposta sulle proposte che Google presenterà per affrontare le richieste del governo entro dicembre, ma il caso diventa decisivo per il crescente controllo normativo sui colossi tecnologici e delle difficoltà di bilanciare potere economico, privacy e libera concorrenza. Perché, se Google dovesse essere fatta a pezzi, non sarebbe poi l’unica.

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