16 Dicembre 2025
/ 16.12.2025

L’ecoansia colpisce quasi un giovane su due

Lo studio, il primo di queste dimensioni in Italia, ha coinvolto oltre 3.600 giovani tra i 18 e i 35 anni

La crisi climatica non colpisce solo territori, economie e ecosistemi. Sta entrando con forza anche nella sfera più intima delle persone, quella del benessere mentale.

A dirlo è una nuova indagine sull’ecoansia realizzata dall’Istituto Europeo di Psicotraumatologia e Stress Management (Iep) per conto di Greenpeace Italia e ReCommon, con la collaborazione di Unione degli universitari (Udu) e Rete degli studenti (Rds), e pubblicata sul Journal of Health and EnvironmentalResearch. L’analisi fotografa una generazione alle prese non solo con temperature record ed eventi estremi, ma anche con ansia, rabbia e un diffuso senso di sfiducia verso il futuro.

Lo studio, il primo di queste dimensioni in Italia, ha coinvolto oltre 3.600 giovani tra i 18 e i 35 anni, raggiunti tra scuole, università e canali online. Per il 44% degli intervistati la preoccupazione legata al cambiamento climatico ha un impatto negativo sulla vita quotidiana e sul benessere psicologico. Non si tratta quindi di un disagio astratto, ma di qualcosa che accompagna le scelte, le relazioni e il modo di immaginare il domani.

Quando si chiede ai giovani cosa evocano le parole “cambiamento climatico”, la risposta raramente ha a che fare con responsabilità o possibilità di azione. Prevalgono sentimenti di ansia per il futuro, seguiti da rabbia, frustrazione e, in molti casi, impotenza. Solo una percentuale minima si percepisce come parte attiva del cambiamento, segno di una frattura profonda tra consapevolezza del problema e fiducia nella capacità di affrontarlo.

L’analisi mostra che il disagio non riguarda solo chi ha vissuto direttamente alluvioni, ondate di calore o altri eventi estremi. Anche il succedersi dei fatti legati alla crisi climatica può alimentare ecoansia e stress psicologico. È un dato rilevante, perché indica che la sofferenza nasce tanto dall’esperienza diretta quanto dalla percezione di una minaccia globale continua e apparentemente incontrollabile.

Alcune differenze territoriali emergono con chiarezza. I giovani che vivono nel Sud e nelle Isole risultano mediamente più preoccupati per gli effetti del cambiamento climatico e, in diversi casi, mostrano livelli più elevati di disagio emotivo. Qui l’ecoansia si intreccia spesso con sentimenti persistenti di insoddisfazione, pensieri ripetitivi e stati d’ansia più marcati.

Uno degli aspetti più interessanti dello studio riguarda i meccanismi psicologici che amplificano l’impatto della crisi climatica sulla salute mentale. Il peso emotivo non deriva solo dalla paura in sé, ma viene mediato da fattori come il pessimismo verso il futuro e, soprattutto, dalla perdita di senso e di scopo nella vita. In altre parole, il cambiamento climatico diventa un acceleratore di un disagio più ampio, che mina la fiducia, l’idea di progresso e la possibilità di progettarsi nel lungo periodo.

Il quadro che emerge è quello di una generazione lucida, informata, ma profondamente disillusa. La consapevolezza scientifica non si traduce automaticamente in empowerment, bensì spesso in frustrazione, soprattutto quando le risposte politiche e istituzionali appaiono lente o inadeguate. Ed è proprio qui che lo studio lancia un messaggio chiaro: ignorare la dimensione psicologica della crisi climatica significa sottovalutare uno dei suoi effetti più pervasivi.

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