06.02.2025
Presenti ovunque, anche nelle acque potabili e nei cibi, sono la causa di diversi tumori. L’Italia è tra i Paesi dove questi veleni sono più presenti. Un’inchiesta giornalistica internazionale ne svela i segreti
Dalle pentole antiaderenti, a indumenti e scarpe impermeabili, fino ad alcuni imballaggi alimentari, pesticidi e acque del rubinetto. Le sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), che includono gli acidi perfluoroacrilici, si trovano ormai dappertutto: sono nel suolo, nella pioggia, nel cibo, nell’acqua e nel sangue. Acronimo inglese di “perfluorinated alkylated substances”, gli Pfas nascono negli anni Quaranta come composti chimici detti “di sintesi”.
Oggi contiamo oltre 4.000 sostanze appartenenti a questa famiglia, molto utilizzate nell’industria. Sono resistenti ai maggiori processi naturali di degradazione grazie alla presenza di legami molto forti tra atomi di fluoro e carbonio. E per questo rappresentano una minaccia per l’uomo e l’ambiente. L’esposizione maggiore avviene attraverso ciò che mangiamo e beviamo perché gli Pfas, penetrando nelle acque sotterranee, finiscono per arrivare, attraverso piante e frutti, alla catena alimentare. I “forever chemicals” entrano nell’ambiente attraverso i processi industriali delle fabbriche che li producono o che li utilizzano, attraverso gli scarichi, le discariche, le emissioni delle ciminiere.
I costi delle bonifiche
Un’inchiesta condotta da 46 giornalisti del Forever Lobbying Project, coordinati da Le Monde, ha acceso i riflettori su quella che secondo scienziati, autorità di regolamentazione e società civile è la peggiore crisi di inquinamento che l’umanità abbia mai dovuto affrontare. Liberarci dagli Pfas ha solo in Europa un costo che i giornalisti definiscono “impagabile”, nel senso che il conto è salatissimo. I giornalisti, come riporta l’agenzia Adnkronos, hanno ipotizzato due scenari:
- ‘Legacy (eredità)’, in cui le emissioni cessano immediatamente e vengono bonificati solo gli Pfas a catena lunga. Il costo ammonta a circa 95 miliardi di euro in 20 anni.
- ‘Pfas as usual’, in cui le emissioni rimangono senza restrizioni e gli sforzi di bonifica includono Pfas a catena corta e ultra-corta. Il conto sale alla sbalorditiva cifra di 2 trilioni di euro (2.000 miliardi di euro) in 20 anni, cioè una bolletta annuale di 100 miliardi di euro.
Lettera alla Ue
Lo scorso 29 gennaio le comunità colpite dalla contaminazione da Pfas in Francia, Germania, Italia, Belgio e Paesi Bassi, in collaborazione con lo European Environmental Bureau e WeMove Europe, hanno inviato una lettera alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen chiedendo un incontro urgente per evidenziare il grave impatto degli Pfas sulla salute pubblica e sull’ambiente e un’azione coraggiosa e rapida per vietarli. In sintesi, la missiva esorta a una restrizione universale per queste sostanze, il monitoraggio e la bonifica dei siti contaminati, il risarcimento per le vittime e garanzie che siano gli inquinatori a pagare i costi.
Acqua avvelenata
Quasi negli stessi giorni Greenpeace rendeva noti i risultati della spedizione” Acque senza Veleni”, che ha avuto luogo tra settembre e ottobre 2024 per verificare la contaminazione da Pfas dell’acqua potabile in tutte le regioni d’Italia. In 206 campioni su 260 analizzati, è stata trovata almeno una delle 58 sostanze Pfas monitorate: ciò significa che il 79% dei campioni di acqua potabile risulta contaminato. Le situazioni più critiche si registrano in Liguria, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta, mentre è l’Abruzzo la regione in cui si riscontrano meno campioni contaminati. A livello cittadino, la situazione più critica è quella che riguarda Milano.
A gennaio 2026 entrerà in vigore la direttiva europea 2020/2184, che stabilisce un limite di 100 ng/L per la “Somma di Pfas”. Ma questo limite, secondo Greenpeace e altre organizzazioni, è inadeguato. Dello stesso parere l’Agenzia europea per l’ambiente.