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Giustizia

Magistratura, idoneità e politicizzazione

10.12.2023

Nelle ultime settimane, la discussione sulle pagelle e sui test psico-attitudinali nei confronti dei magistrati ha, inevitabilmente, riacceso le polemiche. Da un lato, la magistratura associata e parte della opposizione al governo sostengono che una delle prerogative del magistrato deve essere quella di poter svolgere il proprio lavoro in piena autonomia e indipendenza, e quindi senza alcun condizionamento esterno. Dall’altro, l’attuale maggioranza di governo, supportata da Azione e Italia Viva, ritiene, invece, che il tema degli errori giudiziari, a partire dalla vicenda Tortora, inevitabilmente imponga un effettivo controllo sulle modalità di svolgimento del lavoro del magistrato.
Sullo sfondo il tema della politicizzazione della magistratura, che un recente sondaggio di Pagnoncelli sul Corriere della Sera afferma, oramai, essere avvertito da circa la metà degli italiani. Da qui l’introduzione del meccanismo delle pagelle, volute dalla ministra Cartabia, che in qualche modo vogliono essere una risposta a chi ritiene che il lavoro del magistrato oggi si stia trasformando in un arbitrio quando, invece, come ogni altro mestiere non può essere sottratto al principio del “chi sbaglia paga”.

In realtà le pagelle contengono degli ulteriori meccanismi di controllo, perché nella carriera del magistrato, a partire dal 2007 e cioè dalla legge di riforma dell’ordinamento giudiziario, sono stati introdotti ben sette momenti in cui il lavoro del magistrato viene sottoposto a verifica. Infatti, dal momento dell’ingresso in magistratura, ogni quattro anni debbono essere effettuate delle valutazioni di professionalità. Che, tuttavia, non hanno prodotto i frutti sperati, se è vero che i controlli sono risultati positivi nella quasi totalità dei casi e ciò a causa della organizzazione interna alla magistratura che, essendo basata sul “correntismo”, inevitabilmente si ispira a una logica di protezione del proprio iscritto.

Invero, chi svolge i controlli in prima battuta sono i Consigli giudiziari, nei quali gli esterni, cioè gli avvocati, non hanno alcuna voce in capitolo. Ulteriore momento di criticità è stato rappresentato dal fatto che, a partire dal ventottesimo anno di anzianità, magicamente i controlli spariscono. Tradotto: dopo venti anni di attività nessuno è in grado di svolgere alcuna verifica sull’attività professionale di un magistrato.
Da qui la necessità di trovare dei meccanismi correttivi, anche se non possono passare inosservate le parole pronunciate da Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Napoli, il quale ha avvertito come l’introduzione delle pagelle in sé contenga il rischio di eccessivamente burocratizzare il lavoro del magistrato trasformandolo in un impiegato con un atteggiamento remissivo. Tuttavia, il cittadino ha altrettanto diritto a pretendere che chi amministra la giustizia sia dotato di un elevato livello di professionalità, che il più possibile tenda a metterlo a riparo da possibili errori giudiziari.

La soluzione a queste due opposte visioni come sempre andrà ricercata individuando un giusto punto di equilibrio tra la necessità di rendere immune da condizionamenti esterni il lavoro del magistrato e dall’altro l’esigenza di evitare, il giorno dopo l’ingresso in magistratura, che il vincitore del concorso da quel momento sia libero di trasformare la sua attività in arbitrio.
E proprio il tema dell’ingresso in magistratura sollecita un’ultima riflessione sui test psico-attitudinali. Anche sotto questo aspetto si è scatenato un putiferio ritenendo che l’introduzione di tale argomento sia un modo per dire che i magistrati siano mentalmente disturbati.

È ovvio che, se declinata in questo modo, ogni proposta di test psico-attitudinale sia irricevibile. Invece, a diverse conclusioni si potrebbe giungere laddove la comunità scientifica di riferimento, ad esempio i membri della Società Psiconalitica Italiana, fosse in grado di costruire griglie attendibili, atte a testare la “idoneità psicoattitudinale” degli aspiranti magistrati, in relazione alle specifiche funzioni indicate nella domanda di ammissione, considerando che si tratta di funzioni complesse perché coinvolgono ideali, motivazioni, passioni, interessi. Ciò che, ad esempio, avviene anche in altri rami dell’amministrazione pubblica e che per tali ragioni, se costruito in ottica rigorosamente scientifica, potrebbe essere un valido elemento per testare senza intenti punitivi coloro i quali intraprendono un mestiere così delicato, quello del magistrato, che incide sulla vita dei cittadini.

 

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