Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, addio. Con una mossa lungamente meditata il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin mette la parola fine al tentativo di creare un deposito nazionale per scorie e rifiuti radioattivi, pensato per ospitare in sicurezza quanto resta della stagione elettronucleare italiana ma anche per accogliere i rifiuti prodotti ogni anno dalle attività medicali e industriali. L’idea era nata ai tempi del governo Berlusconi, portata avanti da esecutivi di sinistra, di destra e tecnici e – nonostante il progetto della Sogin sia pronto da anni e la consultazione pubblica sia stata fatta – mai approdato a nulla perché nessuno vuole rischiare di trovarsi a fronteggiare le rivolte popolari che scoppiarono a Scanzano Jonico nel 2003 di fronte al progetto che lì nascesse un deposito geologico di rifiuti nucleari, e che furono vittoriose.
Strategia multideposito per i rifiuti radioattivi
E così Pichetto Fratin ha fatto una scelta pragmatica: se non possiamo fare un deposito nuovo, facciamo una strategia multideposito. che con ogni probabilità utilizzi i siti esistenti. “Stiamo studiando – ha annunciato – nuovi depositi di rifiuti radioattivi a bassa intensità. Abbiamo ormai scartato l’idea di un centro unico, perché è illogico a livello di efficienza, ma si può pensare di andare avanti con i 22 già esistenti”. Del resto la produzione di scorie radioattive a bassa attività prosegue, in larga parte nei siti industriali e sanitari.
“Il 70-80 per cento degli ospedali – ha detto Pichetto – anche quelli più piccoli, oggi trattengono la maggior parte dei rifiuti radioattivi che producono. Dobbiamo liberarli. Ma anche se un giorno deciderete di rimodernare il vostro ufficio e toglierete l’antifumo, quell’apparecchio dovrà andare da qualche parte. Io scarto l’ipotesi dei miei predecessori, perché mi sembra illogico a livello di efficienza e funzionalità aver un solo centro a livello nazionale: significherebbe far viaggiare ogni giorno i rifiuti da Torino a Palermo. Anche la Carta nazionale dei 51 siti idonei è ormai superata. Ecco perché la valutazione che sto facendo a livello ministeriale è creare più depositi, oppure andare avanti su quelli già esistenti”.
Ripensamento iniziato a settembre
“Tutti i giorni – disse a fine settembre 2024 parlando a un convegno di Confindustria – produciamo scorie nucleari a bassa e media intensità begli ospedali e nelle industrie. In questo momento abbiamo 30 e più siti di stoccaggio. La cosa bella sarebbe ridurli a uno. Altrimenti, uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud. E’ una valutazione da fare”. Il ministro di Forza Italia ribadì in concetto pochi giorni dopo in Parlamento. “In base alle stime attuali, ipotizzando che tutte le fasi procedurali vadano a buon fine – disse in Commissione Ambiente lo scorso ottobre – si potrà ottenere l’autorizzazione unica per il deposito nazionale (per le scorie nucleari) nel 2029, con la messa in esercizio prevista entro il 2039″.
Ma le fasi procedurali non stavano andando come previsto e già in quella sede Pichetto avverti: “Negli ultimi tempi stiamo anche valutando soluzioni alternative, con pari livello di sicurezza, sulle quali stiamo effettuando le opportune analisi preliminari, con Sogin e ISIN. In Italia sono già dislocati diversi depositi di rifiuti radioattivi, attualmente ne abbiamo 22 di siti. L’idea che si sta valutando è quella di ammodernare le strutture esistenti, eventualmente ampliandole, trattandosi di località idonee”.
Nucleare avanti tutta se competitivo
Di certo quello di Pichetto non è certo un passo indietro sul nucleare. “Al referendum del 1987 ho votato convintamente sì, anche perché ero dell’unico partito dichiaratamente a favore, quello Repubblicano. Feci campagna elettorale, eravamo convinti di vincere. E ci credo anche per il futuro, dove il modello non è quello del passato. Dobbiamo creare tutte le condizioni per un mix energetico, compreso il nucleare, con il gas di transito. Questa – aggiunge – è la nostra sfida. E se nel futuro il nucleare costerà di più del fotovoltaico, saranno le leggi del mercato a decidere”. Se e quando gli SMR che il governo vuole autorizzare saranno realizzati a livello di prototipo operativo e poi risulteranno anche competitivi e con le opportune garanzie di sicurezza. Se ne riparla dopo il 2032-34, come minimo.