3 Maggio 2024
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Esteri, Cronaca

Ora attacca Israele, si fermeranno?

19.04.2024

Israele e Iran escono allo scoperto. Tante le domande su come andrà a finire. La notte scorsa il mondo ha assistito con il fiato sospeso all’ennesimo contrattacco tra i due nemici storici in Medio Oriente. Niente “proxy war”, si passa allo scontro diretto. Si continua a supplicare entrambi di fermarsi.

Missili, aerei o droni? Mentre le voci su cosa abbia colpito la città di Isfahan si rincorrono incontrollabili, l’Iran tende a minimizzare l’attacco, Israele tace e il mondo s’interroga sulle conseguenze: ci saranno contro-contro-attacchi? Di chi? Quanto forti? Sta iniziando la temuta escalation? Solo due giorni fa, la ripresa delle ostilità sembrava rinviata, con sollievo generale e nonostante le parole minacciose di generali e politici della due parti. Nella notte tra il 18 e il 19 aprile, Israele ha confermato invece quella che è sempre stata la propria linea: rispondere colpo su colpo a ogni attacco.

Così è stato, anche se le modalità concrete restano incerte anche per la stampa israeliana. L’intenzione originale – come ha confermato il New York Times – era di rispondere subito con un contro-contrattacco, sul quale sarebbe stato d’accordo anche Benny Gantz, il leader dell’opposizione a Netanyahu ora parte del suo governo di unità nazionale. La pressione USA, legata anche al rischio di compromettere il nuovo pacchetto di aiuti, ha indotto Israele a una risposta quasi simbolica. Niente cyber, niente centri di ricerca atomica, peraltro vicinissimi a Isfahan. Solo la dimostrazione di poter colpire ovunque, senza difficoltà. Un effetto ben diverso da quello dei 330 droni e missili iraniani, molti dei quali rimasti sulle rampe di lancio o caduti lungo la rotta, prima ancora di essere intercettati. Se anche l’attacco iraniano fosse stato puramente propagandistico – cosa che le dimensioni e il grave ferimento di una bimba beduina di 7 anni rendono improbabile –, la dimostrazione più riuscita è stata quella della propria incapacità di danneggiare l’avversario. Forse proprio per questo gli ayatollah si sono affrettati a dire che l’attacco a Isfahan è stato lanciato dall’interno del Paese. Meglio – evidentemente – accettare l’esistenza di una resistenza iraniana, magari come pretesto per un giro di vite, che non certificare la superiorità del nemico.
La minimizzazione dell’attacco permette all’Iran di evitare una risposta che risulterebbe piuttosto difficile. Giorni fa, il generale di brigata Hamid Vahedi, comandante dell’aeronautica militare iraniana, aveva minacciato di colpire “soprattutto con i caccia Sukhoi-24, i bombardieri tattici supersonici russi”. Questa volta Vahedi non si è sbilanciato, forse perché a un’analisi più attenta il Su-24 è essenzialmente un ferrovecchio, capace di velocità supersoniche ma concepito negli anni Sessanta e fuori produzione da oltre trent’anni. La flotta iraniana ne conta meno di 30, in gran parte fuggiti dall’Iraq per sottrarsi alla prima guerra del Golfo. Un aereo di vecchia generazione, facile preda dei moderni sistemi di difesa aerea. Un nuovo fallimento confermerebbe la debolezza militare del regime sciita, relegandone in secondo piano le ambizioni di egemonia regionale.

Dal canto suo, Israele in questa occasione raccoglie i frutti della moderazione. Il G7 a guida italiana in corso a Capri ha già visto i ministri degli Esteri dichiarare solidarietà a Tel Aviv e promettere sanzioni contro Teheran. Con la speranza che questo basi a bloccare il rischio di un’infinita serie di ritorsioni dall’una e dall’altra parte, con una escalation destabilizzanteSi per l’intero quadrante.

 

 

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