18 Ottobre 2024
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Scienza e tecnologia, Sostenibilità

Reinventare un tessile sostenibile

18.07.2024

È il settore tessile, il secondo più inquinante dopo l’industria petrolifera. L’innovazione tecnologica trova nei materiali proteici strutturati valide alternative ai materiali di origine animale, vegetale e sintetica. Dal Giappone arrivano la fermentazione microbica e la progettazione molecolare. Le parole del Team Manager di Spiber Europe.

Nel contesto del contrasto alla crisi ambientale c’è un settore – uno dei più inquinanti secondo le statistiche delle Nazioni Unite – che si sta reinventando per raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità. È il settore tessile, il secondo più inquinante dopo l’industria petrolifera, e che ogni anno produce oltre 12 milioni di tonnellate di rifiuti, con il solo 22% raccolto e riciclato. In questo scenario, l’innovazione tecnologica gioca un ruolo fondamentale nella riduzione dell’impatto ambientale: per esempio, grazie a materiali proteici strutturati, il comparto sta creando valide alternative ai materiali di origine animale, vegetale e sintetica. Un caso tra tutti, la giapponese Spiber, che dal 2007 riflette e lavora per replicare fibre tessili ispirandosi alla natura. Come? Attraverso la fermentazione microbica e la progettazione molecolare.

A differenza dei materiali tradizionalmente impiegati per la produzione di tessuti, i Brewed Protein – questo è il nome commerciale – brevettati da Spiber non derivano né dal petrolio né da fibre naturali, come per esempio la seta, ma vengono prodotti a partire dalla fermentazione microbica. Nello specifico, la maggior parte delle materie prime impiegate nella realizzazione dei polimeri derivano da prodotti agricoli come mais e canna da zucchero. Questa tecnologia, oltre ad avere un’impronta ecologica nettamente inferiore, contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra, permette di ridurre del 97% il consumo di acqua e del 99% quello del suolo.

Dunque, Spiber punta alto e ambisce a diventare un punto di riferimento, come dichiarato da Ayana Nalajima, Marketing e communication specialist dell’azienda in occasione del Pitti Immagine Filati di Firenze tenutasi a inizio anno: «Il nostro fine ultimo è quello di promuovere il benessere sostenibile, sviluppando delle soluzioni che favoriscano il passaggio della società verso un modello di economia circolare». Ancora, Callie Clayton, team manager di Spiber Europe, ha commentato: «La circolarità per l’industria della moda è molto importante, perché ci sono molte fibre e tessuti che possono essere recuperati tramite un processo di upcylcing. È per questo che crediamo sia importante creare prodotti che non abbiano una “data di scadenza” e non siano destinati a finire in discarica, ma possano essere rigenerati in un sistema close-loop».
Ma il potenziale dei polimeri proteici è sorprendente, e non si limita al solo abbigliamento: l’azienda giapponese sta sperimentando i propri materiali per altre possibili applicazioni, come il settore alimentare, quello medico e quello relativo alle componenti automobilistiche. Insomma, con le porte del futuro che ormai sono aperte, le parole d’ordine sono 3: osare, sperimentare, credere.

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