25 Marzo 2025
/ 5.10.2024

Siccità, la cruda realtà in Sicilia e Sardegna

Aridità e forti precipitazioni, due lati della condizione climatica discordante con la quale l’Italia deve fare i conti. L’espansione agricola e la crescente domanda di acqua nelle due isole hanno ridotto gli ecosistemi naturali di circa 62 ettari in media all’anno. Riscaldamento globale e dipendenza dai metodi tradizionali portano al collasso.

Aridità e forti precipitazioni, due lati della condizione climatica discordante con la quale l’Italia deve fare i conti. L’espansione agricola e la crescente domanda di acqua nelle due isole hanno ridotto gli ecosistemi naturali di circa 62 ettari in media all’anno. Riscaldamento globale e dipendenza dai metodi tradizionali portano al collasso.

L’estate 2024 ha fissato nuovi record per quanto riguarda caldo e siccità, anche in Italia. Un’emergenza che, rispetto agli anni scorsi, ha fatto meno parlare di sé a causa delle precipitazioni che hanno contraddistinto il Nord del Paese, e che a fine settembre si sono tradotte in autentici nubifragi in diverse Regioni centro-settentrionali, con tanto di alluvioni e gravi danni ai centri abitati e alle attività economiche. Eppure, il problema della penuria d’acqua resta, e anzi rischia di diventare strutturale in Sicilia e Sardegna.

L’allarme proviene nientemeno che da un ente internazionale: il World Weather Attribution, organismo scientifico che valuta a livello globale quale sia l’impatto dei cambiamenti climatici di origine umana sui fenomeni meteorologici estremi. Ebbene, non lasciano per nulla sereni i dati sulle due principali isole italiane: le probabilità che debbano affrontare crisi legate alla siccità sono cresciute del 50%.
Le ragioni, come detto, sono meteorologiche, ma anche dettate dal comportamento dell’uomo. Entrambe le Regioni, ma soprattutto la Sicilia, hanno vissuto nel corso dei decenni un’impressionante espansione agricola che però ha provocato anche serie conseguenze a livello ambientale. E, infatti, la domanda d’acqua necessaria per la coltivazione di campi e frutteti è cresciuta al punto da ridurre gli ecosistemi naturali di circa 62 ettari in media all’anno, ogni anno, dal 1990 al 2024.

A ciò si aggiunge un meteo inclemente, che nelle isole ha generato caldo e secco per mesi e mesi. Si pensi che la Sardegna ha denunciato allerte siccità da maggio in poi, mentre le prime criticità della Sicilia risalgono al dicembre 2023. Come dire che l’emergenza di quest’anno è iniziata… l’anno scorso. «Questo fenomeno ha reso necessario un severo razionamento dell’acqua, che infatti in molte aree significative non è stata disponibile per l’irrigazione. Le conseguenze per l’agricoltura, ma anche per il bestiame, sono state gravi», ha sottolineato il World Weather Attribution nel suo rapporto.
Altro aspetto non irrilevante riguarda la transizione ecologica, che nelle Isole sta faticando più di quanto non avvenga in altre zone d’Italia. Qui i maggiori problemi riguardano soprattutto la Sardegna, come confermato da Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia di WWF Italia: «Le rinnovabili sono poche, e lo dimostra il fatto che la Regione continui ad andare a carbone e che presenti le maggiori emissioni pro capite di CO2 nel Paese. Il territorio sardo è molto ricco di natura e tradizione; quindi, serve un’attenzione particolare per localizzare gli impianti e coinvolgere in maniera più attiva la cittadinanza. I combustibili fossili hanno effetti devastanti, ed è necessario che sia chiaro per tutti».
Parole che lo stesso World Weather Attribution sottoscrive, ricordando che già nel 2050 il mondo intero rischia di essere di 2 °C più caldo rispetto al periodo preindustriale e che «senza grandi e rapide riduzioni delle emissioni di gas serra, siccità come quelle in Sicilia e Sardegna diventeranno più frequenti». Saranno pertanto indispensabili «strategie di conservazione dell’acqua e gestione sostenibile delle risorse».

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