10 Dicembre 2025
/ 9.12.2025

Unep: la svolta green può dare benefici da 20 trilioni l’anno

Pubblicato il Global Environment Outlook. Il costo economico dei danni alla salute causati dal solo inquinamento atmosferico è stato di circa 8,1 trilioni di dollari nel 2019, pari a circa il 6,1% del PIL globale. Ecco gli interventi che consentirebbero di invertire il trend

Investire in un clima stabile, in una natura e in un territorio sani e in un pianeta privo di inquinamento può generare trilioni di dollari in più nel Pil globale, evitare milioni di morti e sollevare centinaia di milioni di persone dalla povertà e dalla fame. A sostenerlo è il “Global Environment Outlook, Settima edizione: A Future WeChoose” (Geo-7), il risultato del lavoro di 287 scienziati multidisciplinari provenienti da 82 Paesi coordinati dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep).

Lo studio rileva che i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, il degrado del suolo, la desertificazione, l’inquinamento e i rifiuti hanno avuto un pesante impatto sul Pianeta, sulle persone e sulle economie, con un costo già pari a migliaia di miliardi di dollari all’anno. Seguire gli attuali percorsi di sviluppo non farà che intensificare questo impatto. Tuttavia, approcci che coinvolgano l’intera società e l’intero governo per trasformare i sistemi economici e finanziari, dei materiali e dei rifiuti, dell’energia, dell’alimentazione e dell’ambiente potrebbero portare benefici macroeconomici globali che potrebbero raggiungere i 20 trilioni di dollari all’anno entro il 2070 e continuare a crescere.

Il costo del business asusual

Il rapporto – in particolare l’executive summary che sostituisce il “sommario per i politici” che non è stato possibile approvare in sede Unep per l’opposizione di alcuni governi – illustra in dettaglio le conseguenze attuali e future dei modelli di sviluppo basati sul business as usual. Le emissioni di gas serra, ricorda il rapporto, sono aumentate dell’1,5% ogni anno dal 1990, raggiungendo un nuovo picco nel 2024, con un conseguente aumento delle temperature globali e un intensificarsi degli impatti climatici.

Il costo degli eventi meteorologici estremi attribuiti al cambiamento climatico negli ultimi 20 anni è stimato in 143 miliardi di dollari all’anno. Si stima che tra il 20 e il 40% della superficie terrestre mondiale sia degradata, con ripercussioni su oltre tre miliardi di persone, mentre un milione degli otto milioni di specie stimate è a rischio di estinzione. Nove milioni di decessi all’anno sono attribuibili a qualche forma di inquinamento. Il costo economico dei danni alla salute causati dal solo inquinamento atmosferico è stato di circa 8,1 trilioni di dollari nel 2019, pari a circa il 6,1% del Pil globale.

 “Le evidenze scientifiche sono più forti che mai e le soluzioni sono chiare. Un’azione urgente non è più opzionale – ha rilevato il professor Edgar E. Gutiérrez-Espeleta , co-chair di Geo-7 – è richiesta e indifferibile. Serve una chiara leadership politica per affrontare queste crisi. Questa è una chiamata urgente per modificare i sistemi umani ed evitare il collasso dei sistemi naturali”.

Quattro crisi ambientali

“Abbiamo quattro crisi ambientali – osserva Sir Bob Watson, ex co-chair dell’Ipcc e co-chair dello studio – la crisi climatica, la perdita di biodiversità, il degrado dei suoli e l’inquinamento. Tutti e quattro stanno peggiorando. Il mondo si è già riscaldato di 1,3 °C e potrebbe riscaldarsi tra 2,4 e 3,9 °C entro la fine del secolo, largamente al di sopra del target di Parigi. Il clima si sta riscaldando a un tasso quasi certamente superiore a quello che avevamo previsto. La biodiversità e le popolazioni delle specie viventi stanno diminuendo. Perdiamo cento milioni di ettari di suoli ogni anno e l’inquinamento colpisce duramente molte parti del Pianeta. Queste quattro crisi sono interconnesse e vanno affrontate assieme. La popolazione mondiale cresce, sta diventando più benestante e domanda più energia, più cibo e più materiali e sfortunatamente noi rispondiamo a questa domanda in una maniera non sostenibile. Per questo dobbiamo cambiare il sistema energetico, alimentare e di produzione. Dobbiamo lavorare assieme. I governi devono lavorare tra di loro e assieme con il settore privato. È possibile diventare sostenibili? Si, ma solo se sapremo mettere in atto una azione innovativa senza precedenti”. 

E l’energia è al centro dell’azione richiesta. “Dobbiamo trasformare il modo in cui produciamo e il modo in cui usiamola nostra energia –prosegue Watson – e questo significa che nei prossimi decenni dovremo eliminare l’uso dei combustibili fossili, e nel frattempo, mentre aumentiamo la percentuale di rinnovabili, dobbiamo catturare la CO2 emessi dalle fonti fossili. Servono auto elettriche, edifici molto più efficienti. Serve una trasformazione totale dei nostri sistemi energetici”.

Un quinto del Pil è a rischio

Lo stato dell’ambiente, dice il rapporto, peggiorerà drasticamente se il mondo continuerà ad alimentare le economie seguendo il percorso attuale. Senza un intervento, l’aumento della temperatura media globale supererà i 2,0 °C entro gli anni ’40 e continuerà a salire. In questo scenario, i cambiamenti climatici causerebbero una riduzione del 4% del Pil globale annuo entro il 2050 e del 20% entro la fine del secolo.

Si prevede che il degrado del suolo continuerà ai ritmi attuali, con una perdita annuale di terreni fertili e produttivi pari alla superficie della Colombia o dell’Etiopia, in un momento in cui i cambiamenti climatici potrebbero ridurre la disponibilità di cibo pro capite del 3,4% entro il 2050. Gli 8 miliardi di tonnellate di rifiuti plastici che inquinano il Pianeta continueranno ad accumularsi, facendo aumentare le perdite economiche stimate legate alla salute, pari a 1,5 trilioni di dollari Usa all’anno, attribuibili all’esposizione alle sostanze chimiche tossiche presenti nella plastica.

Il rapporto presenta due percorsi di trasformazione, esaminando i cambiamenti comportamentali volti a dare meno importanza al consumo di materiali e i cambiamenti in cui il mondo fa affidamento principalmente sullo sviluppo tecnologico e sui guadagni in termini di efficienza. I percorsi di trasformazione prevedono che i benefici macroeconomici globali inizieranno a manifestarsi nel 2050, cresceranno fino a raggiungere i 20 trilioni di dollari all’anno entro il 2070 e successivamente aumenteranno fino a raggiungere i 100 trilioni di dollari all’anno. I percorsi prevedono una riduzione dell’esposizione ai rischi climatici, una riduzione della perdita di biodiversità entro il 2030 e un aumento dei terreni naturali.

Nove milioni di morti evitati

Entro il 2050 sarà possibile evitare nove milioni di morti premature grazie a misure quali la riduzione dell’inquinamento atmosferico. Entro il 2050, quasi 200 milioni di persone potrebbero uscire dalla denutrizione e oltre 100 milioni dalla povertà estrema. Per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050 e garantire finanziamenti adeguati per la conservazione e il ripristino della biodiversità, sono necessari investimenti annuali pari a circa 8.000 miliardi di dollari fino al 2050. Tuttavia, il costo dell’inazione è molto più elevato.

Seguire i percorsi di trasformazione richiederebbe cambiamenti radicali in cinque aree chiave. Il rapporto delinea le misure raccomandate per ciascuna area, tra cui:

  • Economia e finanza. Andare oltre il Pil per arrivare a metriche di ricchezza inclusive e complete; valutare le esternalità positive e negative per attribuire il giusto valore ai beni; eliminare gradualmente e riutilizzare i sussidi, le tasse e gli incentivi che hanno un impatto negativo sulla natura.
  • Materiali e rifiuti. Implementare la progettazione circolare dei prodotti, la trasparenza e la tracciabilità dei prodotti, dei componenti e dei materiali; spostare gli investimenti verso modelli di business circolari e rigenerativi; spostare i modelli di consumo verso la circolarità attraverso un cambiamento di mentalità.
  • Energia. Decarbonizzare l’approvvigionamento energetico; aumentare l’efficienza energetica; sostenere la sostenibilità sociale e ambientale nelle catene del valore dei minerali critici; affrontare l’accesso all’energia e la povertà energetica.
  • Sistemi alimentari. Passare a diete sane e sostenibili; migliorare la circolarità e l’efficienza produttiva; ridurre le perdite e gli sprechi alimentari.
  • Ambiente. Accelerare la conservazione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi; sostenere l’adattamento e la resilienza al clima, basandosi su soluzioni basate sulla natura; attuare strategie di mitigazione del clima.

Cosa succederà se ci voltiamo dall’altra parte

Riusciremo a fare un cambiamento così profondo? La presenza di un leader negazionista e antiambientalista come Donald Trump alla guida degli Stati Uniti e la leadership dei Paesi produttori di fonti fossili, spesso affidata ad autocrati, fanno crescere i dubbi. Ma la scienza, come sempre, ci avverte di quello a cui andremo incontro se a prevalere sarà l’inazione. “Se vediamo qualche è successo nell’ultimo anno, dal fallimento dei negoziati sul trattato sulla plastica ai limitati progressi a Cop30 – osserva Bob Watson – devo ammettere che in questo momento procediamo nella giusta direzione ma decisamente non ci stiamo muovendo a una velocità sufficiente per diventare sostenibili nei tempi che sarebbero necessari. Abbiamo molti governi che non credono nella necessità di affrontare problemi come il cambiamento climatico o la perdita di biodiversità. Questo è un fatto. Il multilateralismo sembra avere problemi. Quindi, devo essere onesto. Dobbiamo affidarci ai governi visionari che sentono questa responsabilità, ai cittadini e agli esponenti del settore privato che capiscono l’importanza di affrontare seriamente queste questioni globali. E ricordate: il costo dell’azione è alto, ma chiaramente inferiore al costo dell’inazione”.

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