02.08.2024
Claudia è una dei 50 guardaparco del Parco Nazionale del Gran Paradiso, nonché responsabile delle attività educative rivolte agli studenti in visita.
Situato a cavallo tra la Valle d’Aosta e il Piemonte, il Parco Nazionale del Gran Paradiso viene istituito nel 1922 divenendo il primo parco nazionale in Italia. Si estende su un territorio di circa 70.000 ettari, caratterizzato da quote elevate: si passa, infatti, dagli 800 metri del fondovalle ai 4.061 metri della cima del Gran Paradiso.
Nel 1856 Vittorio Emanuele II dichiara Riserva Reale di Caccia le montagne del Gran Paradiso, salvando dall’estinzione lo stambecco la cui popolazione è ridotta a livelli allarmanti. Sei anni dopo l’ultima caccia reale del 1913, Vittorio Emanuele III cede allo Stato i territori del Gran Paradiso di sua proprietà. Unica condizione per la cessione: concretizzare l’idea di istituire un Parco Nazionale per la protezione della flora e della fauna alpina.
Dalla fondazione a oggi il Parco è uno dei più conosciuti nel mondo. Oltre alla tutela dell’area protetta e degli esseri viventi, tra i compiti dell’ente ci sono anche il mantenimento della biodiversità di questo territorio e del suo paesaggio, la ricerca scientifica, l’educazione ambientale, lo sviluppo e la promozione di un turismo sostenibile.
È soprattutto grazie ai guardaparco che tutto questo è possibile. Partiamo dall’obiettivo più importante: «Lo stambecco si è salvato dall’estinzione e oggi è presente nell’area protetta con quasi 3000 esemplari», dice Claudia Linty, una dei 50 guardaparco del Parco Nazionale del Gran Paradiso, e responsabile delle attività educative rivolte agli studenti in visita. «Uno studio effettuato con i big data riporta 1,7 milioni di visitatori nel 2022, mentre alcuni dati del 2021 indicano 167 specie di vertebrati, 672 di invertebrati, 1703 specie vegetali. Questi ultimi sono comunque dati sottostimati perché la biodiversità non si finisce mai di scoprire», precisa Claudia.
«Le guardie hanno una profonda conoscenza del territorio, degli animali e dell’ambiente del parco, e svolgono un servizio che è veramente unico nel suo genere, vigilando il territorio dall’alba al tramonto» spiega Claudia. Il racconto del suo lavoro non può suscitare meraviglia negli ascoltatori: il rapporto con sé stessi e con la natura, i momenti di lungo silenzio, il ritorno dalla famiglia che rimane affascinata dagli aneddoti di Claudia, che nel parco ha altre sei colleghe.
«Lavoriamo dall’alba al tramonto, con appoggi logistici, i casotti: delle vere case in quota, molto semplici, ma per noi assolutamente confortevoli, ci scaldiamo con la stufa a legna – spiega Claudia – Ci permettono di essere in quota quando gli animali sono operativi, proteggendoli da vicino». Durante i turni di lavoro i guardaparco recuperano dati a supporto della ricerca scientifica, fanno attività di manutenzione dei sentieri, monitorano i ghiacciai, e si occupano di educazione ambientale, soprattutto rivolta ai più giovani.
«Diventare guardia parco è una scelta di vita, bisogna essere fisicamente preparati a sopportare sforzi importanti e a gestire i lunghi momenti di solitudine. Nel Parco sono sette le donne che fanno questo mestiere», aggiunge Claudia.