Un numero sorprendentemente basso di aziende italiane è protetto da una polizza assicurativa contro i danni all’ambiente: appena lo 0,64%. È quanto emerge dall’ultima indagine condotta da Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) ed elaborata dal Pool Ambiente, consorzio di coriassicurazione nato nel 1979 dopo il disastro di Seveso e specializzato nella gestione dei rischi ambientali.
Il settore più assicurato è quello dei rifiuti, con il 21,16% di copertura, favorito anche da un obbligo normativo introdotto dalla Regione Veneto nel 1999. Seguono il settore chimico (11,87%) e quello petrolifero (4,19%). Fanalino di coda i comparti carta, legno e stampa, trasporti, turismo e commercio, tutti con percentuali inferiori alla media nazionale.
A livello geografico, solo due regioni superano l’1% di aziende assicurate: Veneto (1,85%) e Friuli Venezia Giulia (1,02%). Nelle restanti regioni, soprattutto del Sud e delle Isole, i livelli di copertura sono decisamente più bassi, con la Campania all’ultimo posto per numero di polizze in rapporto alle imprese attive.
Cultura assicurativa carente e mancanza di obblighi normativi: le cause della scarsa diffusione
Secondo Tommaso Ceccon, presidente del Pool Ambiente, alla base della scarsa diffusione ci sono pregiudizi, scarsa consapevolezza e assenza di obblighi normativi a livello nazionale. “In Italia non esistono normative che rendano obbligatoria la stipula di queste polizze, a eccezione del Veneto”, ha spiegato Ceccon, sottolineando anche la mancata applicazione concreta delle direttive europee come quella sulle emissioni industriali.
Le polizze ambientali, però, offrono benefici importanti in termini economici, ambientali e sociali. Non solo tutelano il territorio, ma migliorano anche la sostenibilità aziendale e il rating ESG (ambientale, sociale e di governance) delle imprese.
Il rischio senza copertura: costi milionari e danni alla collettività
In caso di danni ambientali, le aziende non assicurate devono affrontare autonomamente i costi di bonifica e ripristino. Quando ciò non è possibile, il peso ricade sulle Regioni, che spesso non hanno risorse sufficienti, con conseguenti ritardi nelle operazioni e gravi danni per l’ambiente e le comunità locali.
“La nostra speranza è che nei prossimi anni aumenti significativamente la diffusione delle polizze ambientali”, conclude Ceccon, auspicando un’azione coordinata a livello nazionale ed europeo.