2 Maggio 2025
/ 30.04.2025

Brasile, svolta storica: confiscate le terre di chi distrugge l’Amazzonia

Un verdetto che cambia le regole. La Corte Suprema del Brasile: chi viene giudicato colpevole di deforestazione illegale o incendi dolosi perderà il diritto di proprietà sulle terre coinvolte

Il 28 aprile 2025 la Corte Suprema brasiliana ha emesso una sentenza destinata a segnare una svolta epocale nella lotta contro i crimini ambientali. Da oggi, chi viene giudicato colpevole di deforestazione illegale o incendi dolosi perderà il diritto di proprietà sulle terre coinvolte. Lo Stato potrà procedere alla confisca definitiva, senza possibilità di regolarizzazione, una pratica che in passato ha incentivato il disboscamento illegale, soprattutto nell’Amazzonia.

A rendere nota la decisione è stato il giudice Flávio Dino, relatore del caso promosso dal partito ecologista Rede Sustentabilidade con il sostegno di diverse ong ambientali. La sentenza si applicherà non solo ai nuovi reati, ma anche a casi passati, e impone alle autorità il dovere di richiedere risarcimenti ambientali ai responsabili. Un principio chiaro: chi distrugge paga.

Il nodo della regolarizzazione fondiaria

Tra le cause più gravi della deforestazione amazzonica c’è da sempre la regolarizzazione delle terre: un meccanismo che ha permesso di legalizzare, a posteriori, l’occupazione di terreni ottenuti con incendi o abbattimenti illeciti. Questo ha creato un incentivo perverso: devastare la foresta diventava un passo per accedere alla proprietà o ai sussidi pubblici. La nuova sentenza rompe questo schema: le terre sottratte illegalmente alla foresta non potranno più essere legalizzate né vendute.

Secondo dati dell’Inpe (Istituto nazionale brasiliano di ricerche spaziali), tra il 2020 e il 2023 oltre 4 milioni di ettari di foresta amazzonica sono stati abbattuti illegalmente, spesso per far posto a pascoli o monocolture. La misura adottata dalla Corte Suprema punta a disincentivare questi abusi colpendo alla radice il vantaggio economico ottenuto tramite la distruzione ambientale.

Una svolta nel segno della giustizia climatica

L’Amazzonia non è solo una foresta: è uno dei più importanti serbatoi di carbonio del pianeta. Gli alberi della foresta pluviale assorbono miliardi di tonnellate di CO₂, mitigando gli effetti del cambiamento climatico. Ma quando vengono abbattuti o bruciati, rilasciano quei gas nell’atmosfera, contribuendo all’effetto serra. Secondo il World Resources Institute, alcune aree dell’Amazzonia hanno già iniziato a emettere più CO₂ di quanta ne assorbano, passando da “filtro” a “fonte” di gas climalteranti.

Nel solo 2024, secondo i dati ufficiali, oltre 308.000 km² di territorio brasiliano sono stati colpiti da incendi vegetazionali, una superficie superiore all’intera Italia. Il fenomeno ha avuto gravi ripercussioni anche sulla biodiversità e sulle comunità indigene, che dipendono dalla foresta per sopravvivere.

La sentenza della Corte Suprema è quindi una risposta decisa non solo alla criminalità ambientale, ma anche alla crisi climatica globale. Punire chi devasta significa anche proteggere l’interesse collettivo e i diritti delle generazioni future.

Accoglienza positiva, ma sfide aperte

Organizzazioni ambientaliste brasiliane e internazionali hanno salutato la decisione come un “precedente giuridico rivoluzionario”. Secondo Greenpeace Brasile, “questa è una pietra miliare che cambia il paradigma della tutela ambientale: il crimine non solo non paga, ma costa”.

Tuttavia, restano aperte diverse sfide. La piena applicazione della sentenza richiederà un sistema giudiziario efficiente, azioni coordinate da parte delle autorità federali e il contrasto alle reti illegali di occupazione e speculazione fondiaria, che spesso operano con l’appoggio implicito di funzionari locali o gruppi di potere. Inoltre, sarà fondamentale garantire la trasparenza catastale e il monitoraggio continuo attraverso immagini satellitari e droni.

Il Brasile si trova oggi al centro di un bivio ambientale e politico. Le scelte che farà nei prossimi anni — anche grazie a strumenti legali come questa sentenza — potranno influenzare la traiettoria climatica dell’intero pianeta. Secondo l’Ipcc, senza una tutela efficace dell’Amazzonia, sarà impossibile raggiungere gli obiettivi fissati dagli accordi internazionali sul clima, come l’Accordo di Parigi.

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