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Scienza e tecnologia

Allungare la vita dei satelliti già in orbita, ci prova pure l’Italia

19.05.2023

Entro il 2026 la prima missione dimostrativa per rigenerare gli strumenti presenti in orbita terrestre, l’obiettivo è quello di evitare che si aggiungono alle migliaia di relitti presenti nell’orbita spaziale.

Ciò che ci passa sulla testa può lasciarci indifferenti, ma oltre l’atmosfera c’è un mondo di oggetti da cui, in un verso o nell’altro, dipendiamo. Una corolla che si infittisce, fatta di strumenti operativi che supportano le necessità di comunicazione, sorveglianza e rilevazioni scientifiche e ambientali. L’economia spaziale è in crescita, i lanci in orbita terrestre si moltiplicano, ma sono numerosi gli strumenti che, cessata la vita operativa, vanno ad incrementare il numero di quelli dismessi da tempo.
Le orbite attorno alla Terra, da quella bassa in cui si trova la stazione spaziale internazionale alla geostazionaria a 36mila km dove sono posizionati i satelliti per telecomunicazioni e meteorologici, sono affollate da una quantità enorme di rifiuti che viaggiano fino a 28mila km/h. Sono circa 23mila gli oggetti con dimensioni superiori a 10 cm, che vengono monitorati dal sistema di sorveglianza spaziale. Addirittura, si stimano 130 milioni di detriti grandi meno di 10 cm e non rilevabili. Eventuali impatti rischiano, non solo di danneggiare i satelliti operativi, ma di creare altri detriti. Per evitarne la proliferazione, si sta pensando di sviluppare tecniche nuove per evitare che se ne continuino a formare e per rimuovere quelli già esistenti.

Se il repulisti spaziale è un’attività assai costosa e non remunerativa, ma prima o poi necessaria per ovviare alla densità dei detriti, ci si sta attivando per estendere la vita operativa dei satelliti e per introdurre tecnologie che rientrano nel campo dei servizi in orbita. La prima missione commerciale è stata condotta nel 2020 e ha permesso di allungare l’attività di un grande satellite privato per telecomunicazioni, della famiglia Intelsat, in orbita geostazionaria dal 2001. Da un decennio opera in questo campo la giapponese Astroscale, che si offre di ripulire il mantello di detriti in orbita bassa terrestre e svolgere servizi di estensione della vita operativa di un satellite.

Anche il nostro Paese ha deciso di entrare nel mercato dei servizi in orbita, con l’Agenzia Spaziale Italiana che ha affidato a un raggruppamento temporaneo di imprese, guidato da Thales Alenia Space, progetto, sviluppo e qualifica di un veicolo robotico autonomo per contribuire a rendere lo Spazio più sostenibile. Si tratta di una soluzione di assistenza in orbita per valorizzare ancora di più i satelliti posizionati intorno alla Terra per soddisfare diverse esigenze, dalla geo-localizzazione alla connettività, dalle previsioni meteorologiche al monitoraggio ambientale. In sostanza, sui satelliti già in orbita si potranno essere eseguire diverse operazioni robotiche: rifornimento, riparazione o sostituzione di componenti, trasferimento orbitale e rientro controllato in atmosfera.

Le attività di servizi in orbita rappresentano una svolta nel settore dell’economia spaziale, perché introducono il concetto di flessibilità, fornendo possibilità di manutenzione e aggiornamento direttamente nello spazio circumterrestre, destinata a incidere sulla stessa progettazione dei satelliti. Ciò permetterà di eseguire diverse operazioni robotiche sui satelliti già in orbita: rifornimento, riparazione o sostituzione di componenti, trasferimento orbitale e rientro atmosferico.

Credito fotografico:

Una elaborazione grafica della quantità di oggetti presenti in orbita terrestre; NASA

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