Nella foresta ugandese di Budongo, tra il fruscio delle foglie e i richiami degli animali, sta accadendo qualcosa di straordinario. Non è la trama di un documentario, ma una scoperta che sta rivoluzionando il nostro modo di guardare ai nostri cugini evolutivi più prossimi: gli scimpanzé sono in grado di curarsi da soli. E, talvolta, curano anche gli altri, usando le foglie e le piante come rimedi terapeutici, in una forma di medicina naturale. Lo afferma uno studio appena pubblicato su Frontiers in Ecology and Evolution, che racconta in dettaglio il comportamento di una comunità di scimpanzé in Uganda. Gli etologi hanno osservato non solo pratiche di automedicazione, ma anche casi di cura reciproca, come l’applicazione di foglie masticate su ferite altrui. Un gesto semplice, eppure carico di significato.
La farmacia nella foresta
Durante mesi di osservazione, i ricercatori hanno documentato ben 34 episodi di automedicazione e 7 atti di cura interindividuale. Gli scimpanzé coinvolti sceglievano accuratamente le piante da utilizzare, molte delle quali — come Acalypha, Alchornea floribunda e Pseudospondias microcarpa — sono note anche nella medicina tradizionale umana per le loro proprietà antinfiammatorie, antibatteriche e analgesiche.
Ma non si tratta di un comportamento casuale. Gli scimpanzé sembrano sapere perfettamente cosa fanno: raccolgono le foglie giuste, le masticano per ammorbidirle e poi le applicano con precisione sulle ferite, come fossero pomate naturali. È un comportamento che richiede osservazione, selezione, memoria e — soprattutto — consapevolezza del dolore e del rimedio.
Cura di sé e degli altri
Se già l’automedicazione in natura è un fenomeno affascinante, ancora più sorprendente è l’assistenza tra individui. In alcuni casi, gli scimpanzé hanno applicato foglie medicamentose sulle ferite di altri membri del gruppo, anche non imparentati. Un comportamento che, secondo gli studiosi, potrebbe essere indice di empatia: non solo riconoscono il dolore altrui, ma si attivano per alleviarlo.
In termini evolutivi, si tratta di una novità dirompente. La capacità di curare altri individui per puro “altruismo sanitario” era finora considerata una prerogativa quasi esclusiva degli esseri umani. Ma questi scimpanzé ci ricordano che l’evoluzione della cura e della compassione potrebbe avere radici molto più profonde, ben piantate nella savana e nella giungla.
Le implicazioni per la scienza
Oltre alla meraviglia etologica, questa scoperta apre scenari interessanti anche per la ricerca farmacologica. Il comportamento degli scimpanzé potrebbe infatti fornire indizi su principi attivi naturali ancora poco studiati. Se una pianta viene selezionata con coerenza per alleviare una ferita o un malessere, è probabile che contenga composti bioattivi degni di attenzione. In altre parole, gli scimpanzé potrebbero aiutarci a scoprire nuovi farmaci, semplicemente osservandoli in azione.
Non è la prima volta che la medicina si ispira al comportamento animale — basti pensare all’uso dell’artemisia nella cura della malaria — ma vedere un comportamento così sofisticato in un animale selvatico ci costringe a rimettere in discussione i confini tra “cultura” e “natura”.
C’è qualcosa di emozionante in questi scimpanzé che si curano e si prendono cura. In un mondo umano spesso segnato dall’indifferenza, dalla frenesia e dalla medicalizzazione estrema, ci ricordano che la salute può essere anche un atto di connessione, di attenzione reciproca, di sapienza antica.