27 Aprile 2024
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Sostenibilità

La sostenibilità del design secondo Karim Rashid

23.04.2023

I pensieri di un’archistar vulcanica offrono spunti su responsabilità ambientale, economica e sociale, temi centrali del Salone del Mobile di Milano, edizione 2023.

Non si può rinunciare al futuro. Lo ha compreso da tempo anche il variegato mondo del design, al di là delle pulsioni stilistiche e creative di oggetti sempre più accattivanti. A tal punto che la traccia ideale delle proposte del Salone del Mobile di Milano 2023 si orienta su accessibilità, inclusione e sostenibilità. Forse perché si avvertiva il bisogno di riconciliarsi con l’effimero. Forse perché occorreva spezzare il filo con le rigidità del Bauhaus, il movimento che aveva influenzato arte, design ed architettura cento anni fa. Ma l’ora del cambiamento era nell’aria.

Il senso di responsabilità prende piede, e sulla scia del NEB – New European Bauhaus, progetto della Commissione Europea per ripensare i nostri stili di vita, anche il mondo della creatività imperniata su scala industriale fa da contraltare alle rinnovate esigenze politiche e alle problematiche della crisi climatica. Tanto che un incontro “improbabile” tra i padiglioni del polo fieristico milanese può trasformarsi in un nido di riflessioni.

Anglo-egiziano, singolare intreccio di eclettismo e saperi. Nato al Cairo, stabilitosi a New York, Karim Rashid sembra una rock star dietro un paio di occhialoni esagerati e un sorriso ammiccante da caimano del Nilo. Ha firmato elementi in minimalismo soft dalle linee decise e voluttuose, essenziali nella loro quintessenza fashion, per clienti importanti in oltre 40 Paesi; 4000 progetti in produzione, oltre 300 premi ricevuti. Oggetti in collezioni esibite in tutto il mondo, dal Museo dell’arte di Filadelfia al MoMA di New York. L’accoglienza cordiale è accompagnata da un italiano empatico. Soppiantato subito dall’inglese-canadian, più adeguato a legare concetti e forme verbali.

Siamo abituati a considerare il design attraverso gli oggetti o la lente della celebrità del designer, ma quanto conta il connubio tra progettisti e produttori?

«Sono stato industrial designer per otto anni. La cosa principale era il prodotto. Il nome del designer non contava nulla. Prada mi chiese di non far comparire il mio nome, ad esempio. Adesso, il nome è più importante del prodotto e il design è un modo diverso per fare branding: viene chiamato per associarsi, per offrire di più. Si è creata una sorta di co-branding».

Secondo la rivista scientifica Nature, nel 2020 il peso di tutti i manufatti artificiali realizzati dall’uomo ha superato il peso complessivo di tutti gli esseri viventi del Pianeta. È possibile conciliare i materiali in plastica con il rispetto dell’ambiente?

«Ho progettato imballaggi per un fast-food utilizzando amido e patate stampati a iniezione dall’aspetto identico alla plastica. Se utilizziamo polimeri biodegradabili, quelli che vengono recuperati dall’oceano e dai rifiuti e riciclati integralmente, potremmo aspirare a un pianeta sostenibile. Magari facendoci aiutare dai super vermi che si nutrono di polistirolo, la soluzione ottimale per gestite i rifiuti in plastica» sorride.

More ethic, less aesthetic. Per il design del futuro, più etica e meno estetica?

«Si è perso il senso della critica. Il design viene trainato da consumo e media. Il nostro è un mondo di muri, siamo noi a crearli, anche il design li ha alzati. Il mio mondo, però, è aperto, senza confini, senza religioni, è bello, esteticamente piacevole, ma non può prescindere dalla base etica, fa parte del mio DNA. L’eco-design è importantissimo. Utilizzare meno materie prime ed energia lungo l’intero arco di vita di un prodotto, dal suo sviluppo e produzione al suo utilizzo, resta prioritario. Per favorire riutilizzo, riciclo e smaltimento. I designers devono plasmare un mondo più funzionale, che abbia meno cose ma migliori. Vorrei che si riuscisse a riappropriarsi del mondo del design, senza essere schiavi dei media. Mi baso sulla libertà, sull’empowerment, la volontà di migliorarsi, intimamente, e sulla casualità, in quanto semplicità».

E Karim si adagia su Clicquot Loveseat, la sua poltrona speciale, tra bollicine frizzanti rosé.

 

Credito fotografico:

UFL Group – ufl.co.nz

 

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