28 Aprile 2025
/ 27.04.2025

L’Europa al bivio: gas di Trump o indipendenza energetica? 

L’Europa c’è. Nel campo delle rinnovabili è il numero due, dopo la Cina. Ma ora deve scegliere. Puntare sul gas di Trump o sull’indipendenza energetica garantita dall’energia pulita?

La sicurezza europea passa per il rilancio delle fonti rinnovabili. Lo ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen al vertice sul futuro della sicurezza energetica che si è svolto a Londra: “Abbiamo ridotto la nostra vulnerabilità ai combustibili fossili russi accelerando lo sviluppo delle energie rinnovabili prodotte internamente. A medio termine, questo è il modo migliore per garantire la sicurezza energetica”. Ursula von der Leyen ha aggiunto che le rinnovabili rappresentano ora il 47% del mix energetico europeo: “Solo lo scorso anno abbiamo installato 78 gigawatt di nuova capacità rinnovabile, sufficiente ad alimentare Londra 16 volte”.

Bene. Dunque l’Europa c’è. Ma forse sarebbe meglio dire che potrebbe esserci: ha in mano carte che permetterebbero di ottenere posizioni vincenti, ma non se le sta giocando al meglio. Burocrazia, frammentazione politica, difficoltà nel dialogo con le imprese, continui ripensamenti sul Green Deal sono ostacoli reali.

Prendiamo ad esempio il tema delle rinnovabili. I vantaggi ambientali sono evidenti ma non bastano a ottenere una salda maggioranza. Determinante è il vantaggio economico che è netto nel breve periodo e ancora più evidente nel lungo periodo, ma non sufficientemente difeso dall’onda di fake news diffuse ad arte.

Eppure basterebbe leggere i numeri. Nel 2024 l’energia rinnovabile ha registrato una crescita senza precedenti a livello globale, con un’espansione della capacità installata di 585 gigawatt. È il 92,5% delle nuove installazioni elettriche. Il che vuol dire che quasi la totalità dei nuovi capitali investiti ha scelto di puntare su centrali che non corrono il rischio di finire fuori mercato per la normativa a difesa del clima. E che sono ormai la scelta migliore dal punto di vista economico.

Questo è il mondo reale. Un mondo molto diverso dal film proiettato nell’infinita campagna elettorale di Trump e dei nazionalpopulisti europei. Nel mondo reale una quota crescente di lavoro è data dalla transizione digitale e da quella ecologica, dall’offerta di servizi invece che di merci. Trump sta cercando di far saltare il tavolo perché, su questo fronte, è in difficoltà.

Nel campo delle rinnovabili la Cina è infatti il numero uno. Nel 2024 ha aggiunto 373,6 GW di nuova capacità rinnovabile, pari a circa il 64% dell’espansione globale. Gli Stati Uniti appaiono molto distanziati e nel primo trimestre 2025 c’è stata una frenata determinata dall’incertezza creata dalle politiche della Casa Bianca. L’Unione Europea, come ha sottolineato Ursula von der Leyen, ha avuto una performance di crescita nel settore delle rinnovabili superiore a quella degli Usa e si è piazzata al secondo posto nella classifica globale.

Ora Bruxelles deve scegliere. Può ridurre le sue ambizioni, piegare la testa e provare a comprare, con gli acquisti di gas e armi, il perdono di Trump. Oppure rilanciare con una politica commerciale a tutto campo, con il rafforzamento dell’economia circolare per compensare la scarsità di materia prima, con la riduzione della dipendenza energetica che una forte spinta nel campo delle rinnovabili può assicurare. Vedremo.

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