2 Maggio 2025
/ 30.04.2025

Respiriamo un’aria che ci fa ammalare. Ma c’è chi boccia le alternative

Giovanni Viegi spiega l’analisi di Isde e Osservatorio sulla mobilità urbana: in tre mesi molte città italiane hanno già superato i limiti annuali indicati nella direttiva europea per polveri sottili e biossido di azoto

La tabella è di una chiarezza sconvolgente. Padova, Milano, Brescia e Torino hanno valori di polveri ultrasottili (PM 2,5) che sono quasi 3 volte oltre i limiti annuali indicati dalla direttiva dell’Unione Europea, 4 volte sopra quelli suggeriti dall’Organizzazione mondiale di sanità. E i dati sono stati raccolti a fine marzo: tutti i giorni in cui respirare sarà insalubre da aprile a fine anno vanno aggiunti al conto.

L’articolo potrebbe finire qui, l’essenziale è stato detto. Ma una cosa importante manca: il perché. Come è possibile che si sia arrivati a questo nella sostanziale indifferenza? Come è possibile che l’Agenzia europea dell’Ambiente stimi in circa 50 mila morti all’anno il prezzo che in Italia paghiamo all’inquinamento atmosferico e che le proposte per rimuovere le cause di tutto questo (riscaldamento e trasporti alimentati con i combustibili fossili, biomasse mal utilizzate) vengano considerate dall’ondata nazionalpopulista trovate radical chic, come se di inquinamento si morisse solo nelle Ztl?

A provare a rispondere a queste domande è un’analisi elaborata dall’Associazione italiana medici per l’ambiente (Isde Italia) e dall’Osservatorio mobilità urbana sostenibile promosso da Clean Cities Campaign e Kyoto Club. “Sono appena tornato dalla seconda conferenza globale sull’inquinamento dell’aria e sulla salute che si è tenuta in Colombia: il problema della scarsa attenzione a questi temi purtroppo è diffuso ma le cose stanno cominciando lentamente a cambiare”, risponde Giovanni Viegi, associato di ricerca senior del Cnr di Pisa e di Palermo. “Il punto – e noi lo sottolineiamo sempre – e che le soluzioni ci sono e cominciano a essere messe in pratica. Penso alle zone di Barcellona in cui le auto circolano solo in alcune vie e a 30 all’ora. Oppure alla formula 3 30 300. Che vuol dire che bisognerebbe vedere almeno 3 alberi affacciandosi da ogni casa, avere il 30% di superficie verde in ogni quartiere, trovare un parco entro 300 metri uscendo di casa”.

Certo, rispetto alla situazione attuale sono obiettivi ambiziosi. Ma rassegnarsi costa caro. Ogni anno nel mondo 7 milioni di persone muoiono di inquinamento atmosferico. “Per questo l’Organizzazione mondiale della sanità nel 2021 ha reso note nuove linee guida sui limiti degli inquinanti”, continua Viegi. “E l’Unione Europea ne ha tenuto conto approvando una direttiva che corregge i vecchi valori avvicinandosi a quelli suggeriti dall’Oms. Questa direttiva è stata pubblicata a fine 2024 e deve essere recepita dai singoli Paesi entro due anni. I nuovi limiti entreranno in vigore dal primo gennaio 2030 ma i cittadini di oggi devono avere lo stesso diritto dei cittadini del 2030 a respirare un’aria che non li faccia ammalare”.

E l’aria che respirano oggi in molte città aumenta il rischio di ammalarsi. Per le polveri sottili – precisa lo studio – le criticità sono sostanzialmente concentrate nella Pianura Padana. Mentre per quanto riguarda il biossido di azoto valori elevati sono stati rilevati anche in molte città del Sud, comprese città portuali dove pesa anche l’impatto del trasporto navale.

In realtà negli ultimi decenni si è registrato un calo della presenza di vari inquinanti, ma la diminuzione non è stata sufficiente e in Europa per le polveri sottili sembra che la discesa si sia bloccata. “Il che si traduce in un aumento delle malattie respiratorie, cardiovascolari, neurodegenerative, dei disturbi dello sviluppo nei bambini e di problemi riproduttivi negli adulti”, conclude Viegi. “Anche le infezioni virali vengono favorite se c’è un inquinamento diffuso che attacca le vie respiratorie e le indebolisce”.

CONDIVIDI
don-lodge-P8PuYidUYMw-unsplash

Continua a leggere