2 Maggio 2024
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Salute

Procreazione assistita e “turismo riproduttivo”, il quadro di disparità nell’Unione Europea

08.05.2023

La Danimarca è tra gli Stati con maggiori donazioni, ma l’accesso per aiutare il concepimento non è uguale dappertutto. La questione dei costi risolta a livello nazionale, ma solo da gennaio 2024.

È notizia di questi giorni che nel nostro Paese, a partire dal 1° gennaio 2024, il costo del ticket per accedere alle pratiche di procreazione sarà uniformato, evitando che le coppie debbano migrare da una regione all’altra per dribblare in taluni casi costi salatissimi. La procreazione medicalmente assistita (PMA), comunemente detta “fecondazione artificiale”, è l’insieme delle tecniche utilizzate per aiutare il concepimento in tutte le coppie, sia nei casi in cui il concepimento spontaneo è impossibile o estremamente remoto, sia nei casi in cui altri interventi farmacologici e/o chirurgici siano inadeguati.

Tuttavia, le disuguaglianze sanitarie persistono nei Paesi dell’area comunitaria, come evidenziano gli studi della rete EUROHEALTHNET. La procreazione assistita nell’UE avviene, o attraverso il sistema sanitario nazionale o, in alternativa, a proprie spese. Sono procedure consentite dalla legge, tuttavia esistono delle discrasie nei vari Stati membri. Occorre, intanto, sottolineare che i costi e le normative variano, anche perché la procreazione assistita consiste in un insieme di tecniche e trattamenti più o meno complessi e sono diversi i costi nel caso della fertilizzazione in vitro (ovulo e spermatozoo uniti in laboratorio). Nel caso di inseminazione artificiale (inserimento di un campione seminale preparato ad hoc all’interno dell’utero), è possibile scegliere di ricorrere a ovociti o spermatozoi donati da individui fertili di altri Stati.

In alcuni Stati europei le coppie eterosessuali, che necessitano di ovociti o embrioni donati, trovano degli ostacoli nell’accesso alla fecondazione assistita. Ci sono differenze sul numero di cicli che vengono finanziati dal servizio sanitario pubblico, che, in alcuni casi, pongono una barriera giuridica all’accesso alla PMA per le coppie eterosessuali riguarda l’età della donna: l’età massima per poter accedere alla PMA è avere 50 anni; ma ad esempio in Grecia il limite è 52 anni. La metà degli Stati dell’UE impedisce alle coppie di donne di accedere alle tecnologie, mentre un terzo estende questo divieto alle donne single. Stando ai dati della IRHEC manca una equità di accesso alla procreazione assistita sia nell’Unione europea che in altri Stati del mondo ed il 50% dei problemi di fertilità nelle coppie eterosessuali deriva dagli uomini che, tuttavia, pare che si curino di meno e abbiano meno progetti di supporto, prevenzione, informazione su questo tema rispetto alle donne. Altre disparità sono i tempi di attesa, che ad esempio sono lunghissimi nel caso della Francia, ma anche i costi molto elevati, oppure la bassa qualità delle tecnologie disponibili, o la mancanza di anonimato nelle donazioni. Alcune cliniche rinomate hanno aperto sedi anche in Stati extraeuropei per cercare di ovviare a gangli burocratici, legislativi.

La Danimarca è tra gli Stati con maggiori donazioni di sperma per pazienti di altri Stati e meta, pertanto, di “turismo riproduttivo”, ma non tutti possono permettersi costi elevati e migrare per avere un figlio. Le “mete” più gettonate sono, oltre alla Danimarca, il Belgio, la Spagna e Repubblica Ceca. Nella maggior parte degli Stati europei non c’è alcun limite di età per gli uomini che intendano accedere alle tecniche di PMA con loro partner, solo la Francia ha un limite a 59 anni, la Finlandia indica solo una raccomandazione, non vincolante per gli uomini a 60 anni.

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