Se c’è un settore che sta compiendo veri e propri balzi da gigante nel mondo dell’energia e delle rinnovabili, è quello dello storage, ovvero l’accumulo energetico. Una necessità imprescindibile, considerato che per garantire il corretto funzionamento della rete elettrica e fornire energia rinnovabile quando vento, sole o acqua scarseggiano, è fondamentale avere a disposizione una riserva strategica, ed è essenziale lo sviluppo di sistemi di accumulo di energia efficienti ed economici.
Le batterie al litio sono le più diffuse, ma quello delle batterie è un settore in cui c’è molta ricerca, con risultati molto promettenti in materiali diversi: batterie al magnesio, agli ioni di sodio, agli ioni di alluminio, i sistemi zinco-aria, o ferro-aria. Ma ci sono anche i sistemi di accumulo non elettrochimici, senza batterie. Ci sono i sistemi di pompaggio, lo storage con la sabbia e ci sono anche i sistemi di accumulo ad aria compressa. È un po’ come avere una gigantesca “batteria ad aria”, capace di immagazzinare energia anche per settimane.
In Cina è stato inaugurato il più grande progetto in termini di megawattora: un impianto da 300 MW/1800 MWh nella provincia settentrionale del Gansu. E un sistema sviluppato dall’azienda canadese Hydrostor che sta per realizzare il suo primo grande impianto in Australia.
I sistemi Caes (Compressed air energy storage) hanno un funzionamento relativamente semplice: nella fase di accumulo l’energia elettrica verde che non viene immessa in rete viene utilizzata per comprimere l’aria e immagazzinarla in serbatoi sotterranei o strutture apposite, mentre nella fase di rilascio, quando l’energia è necessaria, l’aria compressa viene rilasciata, riscaldata e fatta espandere attraverso una turbina per generare elettricità.
I vantaggi di questi sistemi sono evidenti, primo tra tutti la scalabilità, ovvero la possibilità di progettarne diversi affiancati per immagazzinare grandi quantità di energia, rendendoli ideali per applicazioni su scala industriale. Secondo, a differenza delle batterie elettrochimiche, che si degradano nel tempo, i sistemi ad aria compressa hanno una vita utile molto più lunga, potendo funzionare per oltre 50 anni. E poi, oltre ad essere sostenibili – non ci sono batterie da smaltire, e non si utilizzano metalli rari o critici come il cobalto o il litio – sono anche relativamente poco costosi. L’aria da comprimere è gratis, e di norma tutta l’attrezzatura necessaria (tubazioni, valvole e così via) è la stessa adoperata nel settore del gas e del petrolio.
Sull’altro piatto della bilancia c’è la necessità di trovare grandi spazi per lo stoccaggio dell’aria; se i serbatoi adoperati sono a volume costante, servono spazi sotterranei che non sono facili da trovare, come grotte di sale, falde acquifere o giacimenti di gas esauriti. E poi c’è la scarsa efficienza energetica. Lo storage CAES tradizionale perde sotto forma di calore una parte significativa dell’energia – il 40-50% – durante la fase di compressione, e per migliorare l’efficienza sono necessari sistemi più sofisticati, come quelli che recuperano il calore generato durante la compressione.
Nel mese di gennaio è stato connesso alla rete elettrica cinese l’impianto di accumulo ad aria compressa Nengchu-1, un progetto dimostrativo che però è la centrale Caes con la più alta potenza, capacità ed efficienza mai realizzata al mondo. Situato nella provincia cinese dell’Hubei e realizzato dalla China Energy Engineering Group Co., utilizza serbatoi a volume costante scavati nel sottosuolo in una serie di miniere di gesso e di sale abbandonate per immagazzinare energia. Il progetto possiede un volume di stoccaggio di quasi 700.000 metri cubi, che si traduce in una capacità di accumulo di 1.500 MWh. Dotato di una potenza di uscita di 300 MW, vanta anche un’efficienza di conversione da record: circa il 70%. È in grado di immagazzinare energia per otto ore e rilasciarla per cinque ore ogni giorno, adattandosi al ciclo della rete elettrica nazionale.
Sempre in Cina, un consorzio guidato dallo Stato sta sviluppando un progetto di accumulo di energia ad aria compressa da 300 MW e 1200 MWh di accumulo a Xinyang, nella provincia di Henan. Questo progetto da 300 milioni di dollari prevede la creazione di una caverna sotterranea artificiale, la prima del suo genere in Cina, e dovrebbe essere completato entro la fine del 2026. Sarà scavata una camera di stoccaggio con un diametro di 15 metri e una lunghezza di 1.800 metri, con rivestimenti in calcestruzzo e acciaio per resistere ad alte pressioni operative.
Ancora diverso è il progetto ideato da Hydrostor, che combina l’aria compressa con l’acqua per creare un sistema di accumulo ancora più efficiente e flessibile e limitare le perdite di efficienza. La società basata a Toronto, in Canada, ha dimostrato la validità della sua tecnologia con un piccolo impianto da 1,75 MW, a Goderich, Ontario, in funzione dal 2019. Il sistema comprime l’aria, e la spinge sottoterra a 300 metri di profondità in una cisterna piena d’acqua, spostando il liquido verso l’alto, in una grande piscina in superficie.
La compagnia sta per avviare i lavori di costruzione del Silver City Energy Storage Centre a Broken Hill, in Australia, nello stato del New South Wales. L’impianto avrà una capacità di 200 MW, e potrà fornire energia per otto ore consecutive. L’’entrata in funzione è prevista per il 2027. Dopo l’Australia, Hydrostor punta anche sugli Stati Uniti, con il Willow Rock Energy Storage Center, un impianto da 500 megawatt in California, che potrebbe entrare in funzione prima del 2030. L’impianto californiano avrà un costo di 1,5 miliardi di dollari, una cifra paragonabile agli impianti di pompaggio idroelettrico, attualmente considerati tra le soluzioni più affidabili per lo stoccaggio di energia su larga scala. Tuttavia, Hydrostor è convinta che con il progredire della tecnologia e l’aumento delle installazioni, i costi potranno ridursi significativamente, rendendo l’accumulo con aria compressa ancora più competitivo.