25 Aprile 2025
/ 25.04.2025

I soldi dei crediti delle emissioni? Usati per tutto, fuorché l’ambiente

Solo il 9% dei soldi ricavati dai crediti delle emissioni è stata effettivamente investita in azioni concrete per contrastare i cambiamenti climatici. E potrebbe andare ancora peggio, denunciano le associazioni ambientaliste

Tra il 2012 e il 2024 l’Italia ha incassato ben 15,6 miliardi di euro grazie al sistema europeo di scambio delle quote d’emissione (Eu Ets). Tuttavia, solo una minima frazione di questi crediti delle emissioni – appena il 9% – è stata effettivamente investita in azioni concrete per contrastare i cambiamenti climatici. È quanto emerge da uno studio presentato dal think tank ambientalista italiano ECCO, che ha analizzato dettagliatamente le rendicontazioni ufficiali inviate dal nostro Paese alla Commissione europea. 

Le cifre sono allarmanti: stando alla normativa Ue (Direttiva 2003/87/CE), almeno il 50% dei fondi derivanti dalle aste Ets dovrebbe essere destinato a progetti finalizzati alla lotta contro il climate change. Nel caso italiano, però, le risorse effettivamente utilizzate a tal fine ammontano a poco più di 1,4 miliardi di euro su quasi 16: una notevole discrepanza rispetto agli obblighi previsti. Pochi spiccioli, in pratica, usati per lo sviluppo delle rinnovabili, l’aiuto ai Paesi in via di sviluppo, la mobilità green.

Ma le cattive notizie non finiscono qui. Basti pensare che solo il 42% dei proventi percepiti dal sistema delle aste Ets nell’ormai lontanissimo biennio 2012-2013 sono stati effettivamente spesi. Il che fa capire come sia difficile strutturare e programmare interventi di lungo periodo. Ancora più preoccupante risulta la “zona grigia” che caratterizza la spesa dei 3,6 miliardi impiegati per misure emergenziali nel periodo della crisi energetica del 2021-2022, destinati in gran parte a calmierare i costi delle bollette. In questo caso, ECCO sottolinea la totale mancanza di trasparenza e tracciabilità nella rendicontazione, situazione che compromette ogni tentativo di valutarne l’effettivo impatto e l’efficienza.

Matteo Leonardi, direttore e co-fondatore di ECCO, ricorda che l’Ets rappresenta una grande opportunità di finanziamento per lo Stato: si stimano introiti tra i 27 e i 33 miliardi di euro nei prossimi cinque anni derivanti dal sistema Eu Ets. Leonardi ribadisce che queste risorse devono essere impiegate per sostenere famiglie e imprese tramite investimenti concreti nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica. L’obiettivo dovrebbe essere quello di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e dalla volatilità del mercato del gas registrata negli ultimi anni.

Nel 2027, con l’entrata in vigore dell’Eu Ets2, il nuovo schema si estenderà ai fornitori di carburanti fossili nei settori trasporti, edilizia e piccole imprese. Le risorse disponibili potrebbero aumentare significativamente, arrivando a un totale di circa 40 miliardi di euro. Ben 7 miliardi di questi sarebbero destinati al nuovo Fondo Sociale per il Clima, concepito per tutelare le fasce più vulnerabili della popolazione, già gravemente esposte alla povertà energetica. 

Secondo Chiara Di Mambro, direttrice strategica per l’Italia e l’Europa di ECCO, il nostro Paese, caratterizzato da limitati margini fiscali, deve imparare rapidamente a utilizzare in modo efficace questi fondi, fondamentale strumento per la transizione energetica italiana. ECCO propone che gli Ets siano integrati in una rigorosa programmazione economica e strategica, coerente con gli obiettivi climatici già delineati dal Piano Nazionale Energia e Clima. Inoltre, chiede l’introduzione urgente di un sistema pubblico di monitoraggio che garantisca trasparenza e tracciabilità completa di questi ingenti fondi.

Dal 2005, anno della sua introduzione, l’Eu Ets ha stabilito in Europa un prezzo da pagare per ogni tonnellata di anidride carbonica emessa dai settori industriali ed energetici maggiormente impattanti. L’Unione europea mira a ridurre progressivamente l’inquinamento climatico attraverso aste per la vendita di “permessi a emettere”, incentivando investimenti nell’innovazione tecnologica pulita.

Negli ultimi vent’anni il sistema si è evoluto, coinvolgendo oggi oltre 10.000 installazioni fisse nel continente (più di mille in Italia) oltre ai settori del trasporto marittimo e aereo civile. Con l’entrata in vigore del secondo schema Ets nel 2027, anche i fornitori di carburanti come benzina e gasolio, oltre che il settore immobiliare business e residenziale, saranno chiamati a contribuire economicamente tramite l’acquisto di quote emissive.

Ma a quanto pare, le cose sembrano destinate a peggiorare. Nei giorni scorsi il governo Meloni ha annunciato lo stanziamento di fondi per attenuare l’impatto dei dazi americani sulle imprese italiane. Da dove saranno presi questi soldi? È probabile che l’Esecutivo tenti di prelevarli sempre dalle risorse destinate ad aiutare i cittadini a gestire la transizione ecologica, ottenute grazie al nuovo Fondo Sociale per il Clima e dall’Ets2, denunciano Wwf, Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club, Transport&Environment, Mira Network, Clean Cities, Cgil, Forum Diseguaglianze e Diversità. 

Soldi che non solo tuttora non esistono fisicamente, ma che non è possibile usare per fini diversi, tanto più che modalità e destinazioni devono essere preventivamente concordate con la Commissione europea attraverso un piano da presentare entro giugno di quest’anno.

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