25 Aprile 2025
/ 31.01.2025

Terra dei fuochi: dagli agnelli deformi alla sentenza storica

Vent’anni fa, le immagini degli agnelli malformati ad Acerra sconvolsero l’Italia. Oggi, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo riconosce ufficialmente il danno subito dalle persone e dal territorio, dando giustizia a chi ha combattuto per la verità

Un occhio solo, nessuna orecchia, corpi deformi. Gli agnelli di Acerra, vent’anni fa, furono il simbolo dell’orrore ambientale della Terra dei Fuochi. Mangiavano erba contaminata, bevevano acqua avvelenata, morivano o nascevano già condannati. Quelle immagini sconvolsero l’opinione pubblica, ma per chi viveva lì, non erano una sorpresa. Era la conferma che la terra sotto i loro piedi stava uccidendo.

Vincenzo e Mario Cannavacciuolo lo sapevano. Pastori, generazioni a contatto con il suolo, con gli animali, con il ciclo della natura. Fu Vincenzo il primo a denunciare, il primo a dire: guardate. Guardate cosa sta succedendo. Per questo pagò un prezzo altissimo: morì di cancro al polmone nel 2007. Mario, invece, non si arrese. Continuò a lottare, con il figlio Alessandro, e fondò il Comitato Terra dei Fuochi. Insieme portarono avanti la battaglia legale, riuscendo a far condannare gli imprenditori responsabili di aver trasformato la Campania in una discarica clandestina.

E oggi, dopo decenni di silenzio e omertà, la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo arriva come un colpo di martello. Lo Stato italiano è stato riconosciuto colpevole di non aver protetto la salute dei suoi cittadini, di aver chiuso gli occhi mentre rifiuti industriali venivano sotterrati senza controllo.

“Questa sentenza è soprattutto per mio padre e mio zio”, dice Alessandro Cannavacciuolo. “Hanno finalmente avuto giustizia, ma i morti non ce li ridarà nessuno”.

Le pecore vennero sequestrate, le analisi confermarono ciò che loro già sapevano: nel sangue degli animali, così come in quello dei fratelli Cannavacciuolo, erano presenti alte concentrazioni di diossina e altre sostanze tossiche. Era il veleno di anni di sversamenti illegali, il marchio indelebile di un territorio violato.

Eppure, la battaglia non è finita. Perché le sentenze non riportano in vita le persone, non purificano l’aria, non bonificano i campi. Ma questa è una vittoria che segna un prima e un dopo. E chi ha combattuto per la verità, oggi può dire di non aver lottato invano.

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